Ceci n’est pas q’un debut: è solo un inizio, parola di Vincenzo Trione, curatore dell’Atlante dell’Arte Contemporanea a Napoli e in Campania 1966-2016 la prima, e già essenziale, delle pubblicazioni realizzate dal dipartimento di ricerca del Museo Madre. Un lavoro imponente, dal respiro enciclopedico, che costituisce il primo tassello – e ha però già la foggia di un fiore all’occhiello – dell’attività di ricerca promossa dal complesso di via Settembrini.

 

L’Atlante dell’Arte Contemporanea a Napoli e in Campania 1966-2016 è un lavoro realizzato grazie al contributo delle ricercatrici Olga Scotto di Vettimo, Alessandra Troncone e Loredana Troise, fortemente voluto dal direttore Andrea Viliani, che con il suo insediamento nel 2013 pose le basi del primo centro per la raccolta, documentazione e analisi delle attività e delle opere artistiche contemporanee non solo napoletane o campane, ma italiane. Un unicum, che ancora una volta proietta il Museo Madre nel gotha dell’arte contemporanea europea, affermando quanto Napoli – e per estensione la Campania – continuino “a dettare legge” nel panorama artistico internazionale e nella creazione estetica.
E di estetica si è discusso molto durante la presentazione del volume salutata da una sala gremita, alla presenza di tanti dei fautori della “vague napoletaine”. C’erano, tra gli artisti accorsi, molti dei nomi che hanno fatto grande e continuano a rendere imprescindibile l’arte contemporanea “made in naples”: da Mimmo Iodice, alla coppia Bianco-Valente, a Angelo Casciello, Antonio Biasucci, Vincenzo Rusciano, Fabio Barisani, Luciano Ferrara, Aniello Barone, Luigi Vollaro. Esponenti di una lunga onda artistica che, fagocitando e reinterpretando correnti, corsi e ricorsi artistici mondiali, hanno dato vita a forme eccezionali, innovative, dirompenti. All’incontro, insieme a Viliani – che con un emozionato elenco di ringraziamenti ha ricordato come l’idea di istituire il centro di ricerca site specific, abbia inaugurato il suo mandato, e come ora la pubblicazione dell’Atlante dell’Arte Contemporanea a Napoli e in Campania 1966-2016 saluti la fine del suo primo quinquennio di direzione – c’erano il Presidente della Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, Pierpaolo Forte, il Presidente di SCABEC, Antonio Bottiglieri, i filosofi Sebastiano Maffettone e Maurizio Ferraris (il primo anche nei panni di Consigliere per le Organizzazioni Culturali della Regione Campania) il Sottosegretario di Stato al Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo Antimo Cesaro oltre, naturalmente, il professore Vincenzo Trione.

È un percorso da intensificare quello tra arte e ricerca” come ha sottolineato Forte, che ha dato vita ad una “pubblicazione necessaria, logica”, nella fotografica definizione di Stefano Maffettone, in grado di detonare un’inesauribile ciclo di riflessioni fondate su opposizioni logiche, come la dicotomica, manichea, eccessiva, ribelle Partenope pretende si faccia quando si prova a definire la vita, le visioni, gli habitus alle sue latitudini. L’Atlante racconta del rapporto tra antico e contemporaneo, tra pubblico e privato (e allora come non sottolineare la presenza di tanti galleristici, appassionati e curatori), tra forma e sostanza, tra capoluogo e regione, tra tempo e spazio, locale e globale, come sottolineato dal sottosegretario Cesaro nel suo intervento.
Racconta della “biodiversità artistica campana”, gridando alla sua vitalità e allo scandalo con cui tra punte di eccellenza e vergogne indegne, tratta i corpi e le anime di un’inesauribile fiamma. È l’ars viva che brucia nelle terre campane, che non fa differenza tra città e provincia, perché è tutta proiettata nel mondo, sconfinante e sconfinata e che al di là del limite cronologico, sia esso il 1966, il 1954, o qualunque altro, sceglie lo spazio come coordinata principe. Come a voler dare il senso di una galassia di terre perennemente in moto, scandita dalle esistenze di artisti (i luoghi) e dalle attività degli spazi istituzionali, privati, convenzionali, non convenzionali (le regioni) che vi operano. È la grande intuizione dell’Atlante. Un’opera già essenziale.

 

Fotogallery della presentazione a cura di Angelo Marra