Alo è un artista italiano molto apprezzato in Europa. La sua produzione è concentrata in particolar modo sulla creazione di ritratti, nei cui occhi – con o senza iride – è possibile ritrovare numerosi riferimenti al mondo della storia dell’arte italiana. Il suo stile è facilmente riconoscibile, contemporaneo e tante sono le donne ritratte che sembrano essere legate al passato, all’arte sì ma anche alla moda.

Alo – Paris 2 (Painted directly on wall)

Da quando ho iniziato a dipingere diversi anni fa è stato per me molto naturale focalizzarmi da subito sul ritratto, sulla figura e l’animo umano. Non ho mai avuto interesse nel dipingere paesaggi o oggetti, pur amando molti pittori che in passato hanno avuto a che fare con questi soggetti. Nella storia dell’arte il ritratto ha raggiunto la più alta espressione artistica; la mia intenzione era proprio quella di continuare ad evolvere ed esplorare le potenzialità del ritratto, portandolo anche in strada attraverso una tecnica basata sull’uso del pennello unito a strumenti moderni come i marker.

Alo preferisce realizzare le sue opere in strada liberamente, scegliendo accuratamente il luogo ed il momento più giusto. Un rapporto diretto, senza intermediari, come mi ha sottolineato. Proprio per questo ha più volte definito il suo lavoro con l’espressione “Urban Expressionism“.

Ho sempre creduto che desse un’ idea abbastanza realistica di ciò che faccio: una pittura che torna ad usare forma e colore in funzione dell’emotività ma allo stesso tempo legata anche al tessuto urbano.

Alo – Paris 1 (Painted directly on wall)

Esiste per te una differenza tra gli interventi realizzati in strada e i dipinti in studio?

Sì, ci sono molte differenze. Pratiche innanzitutto, come il tempo di realizzazione. In strada tutto scorre più velocemente ed eseguo delle versioni più semplificate dei miei lavori in studio, per i quali il processo di creazione è più lungo e dettagliato. I muri, invece, non sono quasi mai perfetti perciò capita spesso che sia necessario adattarsi anche alle superfici. Esistono però anche molte differenze ideologiche. In strada si è perlopiù consapevoli di creare qualcosa che è destinata prima o poi  a sparire o a rovinarsi col tempo. Per i lavori che si realizzano in studio si ha invece la sensazione opposta.

Da una parte interventi che sono manifesti del proprio animo, dall’altra la difficoltà a distaccarsi dai quadri dipinti. Una relazione sentimentale che Alo riporta anche nel rapporto con le sue esposizioni.

Per me la mostra è un’opera unica e non soltanto un insieme di quadri. Credo esistano diversi elementi che creino una sola atmosfera entro cui ognuno può immergersi singolarmente. Anche il titolo è un importante filo conduttore. Ho sperimentato qualcosa del genere per la mostra presso Saatchi Gallery intitolata “Exit from Aden”: si tratta di un titolo collegato ad una parte della biografia del poeta Arthur Rimbaud. E’ quasi come se ogni personaggio ritratto abbia acquistato ancor più significato. A Parigi, invece, ho intitolato la mostra “Ave“; non volevo creare un riferimento religioso ma spirituale: erano tutti ritratti di donne e con questo titolo tale spiritualità sembrava prendere realmente forma.