Mi ricordo lo stupore davanti a un mare di pozzanghere, termine dalla vaga connotazione negativa, che non rende merito invece al blu dell’acqua contenuto nei recipienti dell’opera di Pino Pascali. L’opera si chiama 32 mq di mare e risale a luglio 1967. Come se per un attimo invece del mare blu della sua natìa Polignano a Mare ci fossero le acque colorate che lui stesso aveva contribuito a rendere opere d’arte.
L’arte di Pino Pascali sa di gioco, di ironia, di presa in giro, di ribaltamento da ciò che c’è di precostituito e forse, leggendo la sua biografia, non è difficile capire come lui stesso abbia avuto un percorso fuori dai canoni.

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Non amava la scuola e fu bocciato anche se eccelleva nelle discipline artistiche. Quando si iscrisse al liceo artistico di Napoli prima e poi all’Accademia delle Belle Arti a Roma, fu chiaro che quella era la sua strada, anche se per seguirla aveva abbandonato la sua Puglia. Erano gli anni ’60, anni forieri di cambiamenti per un’Italia che si era lasciata alle spalle la miseria della guerra e guardava al futuro con eccitazione ed entusiasmo. Erano gli anni dell’avanzata della televisione e della pubblicità, che entrava attraverso la porta di Carosello, ogni sera nelle case degli Italiani. Ed entrava anche nella vita di Pino Pascali. Definirlo non è facile, anche le etichette lessicali non gli si addicono: artista, scultore, scenografo…
Pino Pascali sembrava incarnare la quintessenza di un fare artistico che lo spingeva a mescolare le cose, capovolgendone il senso. Ho in mente soprattutto la serie dedicata alle ARMI, ciclo di opere che Pino Pascali produce dal 1965. Presenti nella collezione permanente della Fondazione omonima ci sono: PINO PASCALI e FRANCO ANGELI “U.S.A. Army” 1966 (cianografia cm.100×400), Missile 1964 (Smalti, polveri e catrame su lamiera cm 24 x 100), Mitra e pistola 1961 (Tecnica mista su carta cm 22 x 28). Le armi opere d’arte? A Pino Pascali le armi interessavano come congegni. “L’artista con l’abilità di un bricoleur ricostruisce cannoni, bombe, mitragliatrici quasi in scala reale ma falsamente minacciosi poiché inutilizzabili. È il suo modo di ironizzare sulla guerra, di giocare ai soldatini (ci sono molte foto in cui l’artista in perfetta tenuta militare posa vicino a queste grandi armi-giocattolo); le armi sono portatrici di morte, Pascali invece le ricrea con pezzi di scarto, ma la verosimiglianza è ingannevole, anche il colore (grigio-verde) con cui le dipinge sembra reale” (Tratto dal sito della Fondazione Pino Pascali).
Alla fine è questa la sensibilità artistica, vedere qualcosa lontano dallo stereotipo che le persone comuni continuano in maniera più o meno cosciente a seguire. Pino Pascali collaborò a numerose pubblicità di Carosello una volta giunto nella Capitale, dove i tempi erano già maturi per affrontare dei discorsi artistici più consapevoli. Le sue mostre alla galleria La Tartaruga nel 1965 e all’Attico nel 1966 ebbero un notevole successo. Approdò alla Biennale di Venezia dove nel ’68 ottenne il Premio per la Scultura. In quegli anni l’arte povera di Germano Celant stava guadagnando spazio e forse in cerca di nuovi adepti cui attribuire la propria etichetta. Pino Pascali però era allergico alle etichette e ha sempre rifiutato l’appartenenza a movimenti o correnti.

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Quest’estate sono andata alla Fondazione Pino Pascali a Polignano a Mare, in cerca dell’essenza dell’artista tra le mura della Fondazione. Una struttura bianca che fa contrasto con un mare blu… Dove finisce la fondazione inizia il blu, ti giri e lo guardi dalle vetrate trasparenti. L’impressione che ho avuto è di un museo che lotta per portare artisti anche internazionali a Polignano attraverso l’ormai consolidato strumento delle residenze, e tramite queste ultime, cerca di far attecchire l’arte contemporanea al territorio. Le residenze si estendono nei Comuni di Polignano, Conversano – Mola di Bari – Rutigliano. Quando gli artisti arrivano e restano in zona per mesi è inevitabile che i loro lavori coinvolgano la comunità, i luoghi, i costumi sociali, humus per l’arte contemporanea.
Non possiamo non citare il Premio Pino Pascali istituito nel ’69 dai genitori dell’artista all’indomani della sua morte prematura (a soli 33 anni); interrotto dopo un primo periodo di attività, è tornato in vita nel ’97 quando si è aperto il Museo, fortemente voluto dalla sua direttrice Rosalba Branà. Il Premio è assegnato ogni anno da una rosa di selezionatori a un artista “non già totalmente ‘arrivato’, un ‘mostro sacro’ intoccabile, già storicizzato e consacrato dalla critica d’arte, ma ancora in via di affermazione definitiva, anche se già internazionalmente conosciuto e su cui si possa ancora ‘scommettere’ sulla futura promettente evoluzione. Un altro criterio che privilegia l’orientamento della scelta della giuria è l’attitudine e la predisposizione ‘pascaliana’ verso la multimedialità e l’uso di più linguaggi e tecniche espressive”.

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Nella cerimonio del Premio, all’artista vincitore viene consegnata una statuetta di ceramica bianca, riproduzione della scultura “Coda di balena” di Pino Pascali. La stessa forma, divenuta ormai iconica del Museo, la ritroviamo nel logo e si saluta all’arrivo e alla partenza della nostra visita, e così anche di quest’articolo, certamente con un sorriso.

 

informazioni

logo fondazione

Fondazione Pino Pascali
Museo di Arte Contemporanea

Via Parco Del Lauro 119
70044 Polignano A Mare (ba)

Orario Invernale (in vigore dal 19/09/2015):
Tutti i giorni dalle 11 alle 13 e dalle 17 alle 21. Lunedì chiuso;

Biglietto 2 Euro

Tel: +39 080 4249534

A proposito dell'autore

Collaboratore

Laurea con lode in Comunicazione con una tesi sui musei d’arte contemporanea_Caso Napoli. Nel 2007 lavora a Liverpool presso il dipartimento di Marketing e Comunicazione dei National Museums. Corso di perfezionamento in Management Culturale presso la Fondazione Fitzcarraldo, Torino. Dal 2007 ad oggi ha collezionato, insieme a Componibile 62, esperienze come curatrice, project manager e organizzatrice di mostre ed eventi culturali in Italia e all’estero. Collabora con Tafter (Economia della cultura). Oltre che all’arte contemporanea, si dedica anche alla moda, CSR, e viaggi. Il Museo è il suo habitat naturale.