Cosa accade quando l’arte perde il suo carattere di verosomiglianza e, pur riflettendo la realtà, diventa uno strumento di protesta? Cosa significa per un artista utilizzare i colori in maniera non convenzionale ed esprimere mediante essi dei significati più reconditi? Cosa si nasconde tra il realismo e l’astratto?

L’opera di Andrew Salgado sembra rispondere a questi interrogativi attraverso un’esasperata riproduzione di volti.

Sono volti che attirano l’attenzione dell’osservatore nella loro ambiguità espressiva tra il dolore, la tristezza e la tenerezza in un sottile gioco pittorico che oscilla tra ciò che è definibile come parte anatomica e ciò che è invece una pura e semplice pennellata, un semplice gesto decorativo. È l’osservatore a decidere quale delle due posizioni accettare. Non c’è alcuno sfondo che li definisce se non altri colori. In questo dinamismo Andrew si allontana dalla ritrattistica in senso classico e sposa nella sua maestria l’astratto, rievocando l’ambiguità delle forme e dei colori nei lavori di Francis Bacon, da cui l’artista ricava ispirazione.

The Bewildered Pursuit (2)

Mentre nella ritrattistica in senso classico il ritratto è definibile come una riproduzione verosimile del soggetto, i volti di Salgado oscillano tra le dimensioni del reale e quella dell’immaginario e nella loro aggressività recano un messaggio da esprimere al mondo. Riflettono espressioni, emozioni e, seppure partono da soggetti particolari scelti da Andrew tra amici e committenti, potrebbero essere il volto di ognuno di noi.

Nelle forti pennellate che scalfiscono la tela fino a ferirla con tagli evidenti nello scorrere dell’olio c’è qualcosa in cui ognuno potrebbe identificarsi. L’artista esplora tratti universali come la ricerca di identità la sessualità, la trasgressione, il dolore, la tristezza, l’erotismo e lascia al fruitore il compito di demarcare il confine teoretico. Andrew Salgado si compiace nello strizzare sulla tavolazza i tubetti della pittura a olio, assaporandone la materialità. Nella liquidità di questo medium che manipola e sperimenta la ricerca di nuovi confini espressivi, l’artista prova qualcosa di sensuale e divino che gli procura una sorta di adrenalina ogni volta che mescola nuove combinazioni. È come tentennare nel buio più cupo dell’incertezza con la consapevolezza che dall’oscurità prenderanno luce nuove dimensioni cromatiche.

andrew salgado

In seguito a un attacco omofobico del 2008, in cui Andrew viene trasfigurato al volto e profondamente scosso da rabbia interiore, l’artista restituisce ai nostri occhi, su tele di grandi dimensioni,l’immagine di un corpo, di un volto, nella maggior parte maschile, deturpato, reso deforme dall’uso particolare dei pigmenti. Un volto mostruoso ma nello stesso tempo con una forte carica espressiva.

In questa esperienza pittorica che acquista energia e movimento, nella molteplicità dei colori e nel vorticismo delle pennellate è piacevole seguire con l’occhio il punto dove la linearità termina, per dare spazio ad altre forme sinuose. L’accuratezza del tratto qui non ha ragione d’esistere, ma c’è un caos dispersivo che governa la tela.

Weight

Weight

Il ritratto classico lascia spazio ad un soggetto che grida nella sua mostruosità e si identifica con essa: Apollo ha ceduto le sue armi per lasciare che Dionisio entrasse aggressivamente nel suo mondo etereo.

Con un uso viscerale di colori a forte tinte e saturi nella loro consistenza chimica che richiamano metaforicamente sangue, questi volti chiedono aiuto e nel contempo esprimono nei loro occhi barlumi di speranza. Riflettono delle emozioni non semplici ma mettono in luce la vulnerabilità dell’animo umano ed è per questo che spesso recano tratti di forte melodramma.

In avoidance of Failure

In avoidance of Failure

Nulla è statico e sereno nell’arte di Andrew Salgado, ma tutto è in continua trasformazione e in questo senso disperato di discontinuità di forme e di linee che si cercano a mo’ di tessere di un puzzle, per raggiungere un’entità pittorica, esse acquistano un forte valore politico, esprimendo un corpo umano che ha sofferto, ma che mantiene i tratti di gentilezza e vulnerabilità che gli sono propri; un corpo che grida alla sua identità sessuale in un mondo che lo ha relegato ai margini, rifiutandolo perché nella sua diversità sessuale appare agli occhi dell’Altro come trasgressivo e non convenzionale. Ed è in quest’ottica che la pittura diventa non solo momento espressivo, ma strumento di difesa, e al valore politico si somma quello terapeutico e catartico.

20 years

20 years

Ma chi è l’autore che si nasconde dietro tanta mostruosità espressiva? E cosa significa riprodurre in arte il paradosso della Bellezza e della mostruosità?

Andrew Salgado nasce a Regina in Canada nel 1982. Nel 2009 approda sul suolo europeo e, dopo essersi diplomato alla Scuola d’Arte di Chelsea, ha continuato a viaggiare sulla cresta dell’onda, al punto da essere definito dalla Saachi Gallery come uno dei 12 artisti su cui fare un buon investimento finanziario. Nonostante la sua notorietà conserva ancora il carattere di un ragazzo comune che potresti incontrare per le strade di Schoredich.

Nutrito da letture di George Bataille, Andrew percepisce l’esperienza umana come primariamente istintiva e l’aspetto mostruoso dei suoi volti, ridotti a vittime, conferma sicuramente questo assunto. Nel fare ciò, contestualizza la dicotomia tra il concetto di uomo macho, istituzionalizzato nei canoni dell’uomo dalla forte muscolatura e invincibile come un guerriero; e omo, un soggetto con le sue defaillance, vulnerabilità, un essere privo di potere e trasgressivo e per questo considerato deviante e pronto a reprimere se stesso. Ed è così che l’archetipo dell’uomo greco, perfetto, esteticamente compiacente, lascia spazio a un uomo deturpato, deviato, un essere che osa trasgredire, uscendo dai canoni di una sessualità conforme. Parafrasando l’Erotisme di Bataille, è come se Andrew Salgado utilizzasse le sue pennellate per torturare l’animo umano, fino a provocarne la morte.

A New Kind of Talk

A New Kind of Talk

E come la lama penetra violentamente in un corpo e provoca ferite, così l’arte trasgredisce, provoca uno choc emotivo nel fruitore, si allontana dalle tecniche più consuete e crea mostri, esseri che nessuno oserebbe guardare perché orripilanti, portatori delle nostre paure più inconsce, degli istinti che vorremmo reprimere con il perbenismo e la convenzionalità.

E in questa mancanza di solide certezze che l’essere si definisce. Il volto nelle tele di Andrew Salgado, nell’estrema rapidità espressiva simboleggiante il fluire dei nostri sentimenti, si contestualizza nella mente dell’osservatore. Se l’artista distrugge con l’uso di nuove regole, con il suo senso di incertezza nel fare, disfare e ricreare con tecniche inesplorate; l’osservatore ricostruisce, crea un’identità, seguendo i propri schemi mentali e prosegue seppure metaforicamente nel definire ciò che è stato accennato in primis e a livello inconscio da un altro. E, come una sorta di transfer, paura, desideri e fragilità trovano ragione di esistere negli occhi di chi guarda. Ed è solo allora che l’io viene definito dall’altro.

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A proposito dell'autore

Giancarlo Napolitano si è laureato in lingue e letterature straniere presso la facoltà di lingue dell'Istituto Universitario Orientale di Napoli, discutendo una tesi letteraria di natura sperimentale sugli spazi e i tempi nell'Assommoir di Emile Zola, rivisitando il romanzo in chiave psicanalitica. Ha sempre nutrito un vivo interesse per l'arte, in particolare per quella rinascimentale. Vive da anni a Londra e ha potuto coltivare questa passione con continue visite alla National gallery che ha sempre considerato come una sua seconda dimora. Di carettere inquisitivo si interroga sulle opere degli artisti, continuo assertore del progresso, vede in ogni opera contemporanea un ponte con il passato con il quale rapportare ogni sua esperienza quotidiana.