Sono spesso abituato a osservare statue a tutto tondo, di antiche dee, levigate dagli artisti che hanno reso perfetta la figura del corpo femminile e ammirarne la bellezza platonica. Sono oggetti di marmo, che pur nella loro fredda immobilità si lasciano guardare e non passano inosservati.

Ma cosa accade quando all’oggetto dell’arte si sostituisce il soggetto? In che direzione si volge l’attenzione del fruitore quando l’artista diventa di per sé oggetto e soggetto di contemplazione e si districa in maniera ambivalente tra queste due entità? Che reazione ha lo spettatore?

Tra gli incontri e gli scontri di queste riflessioni vengo a conoscenza del lavoro di Christo Viola, giovane artista italiana che, riprendendo un filone dell’arte contemporanea esploso negli anni ’60, utilizza il suo corpo per esprimere fino all’eccesso la tormentata esperienza della sua esistenza, fatta di emozioni, incontri e ricerca ossessiva di identità.

Brooklyn

Brooklyn

Christo giunge alla fotografia ispirata dai grandi modelli di Mappelthrope Robert e Nan Goldin, dopo essere passata attraverso diverse forme artistiche, prima la pittura e poi la living performance. Con un uso pervasivo della macchina fotografica nel suo ultimo lavoro My Life is a True story, esplora e mostra al pubblico, senza mezzi termini le sue paure, i suoi tormenti interiori e, tracciando le bellezze dei comportamenti sessuali femminili, assurge a deità di se stessa.

I don't like courgettes

I don’t like courgettes

Christo, il tuo lavoro può essere paragonato alla pornografia?

C’è una forte carica autoerotica nei miei scatti che utilizzo per esprimere chi sono io e mettere in luce attraverso il mio corpo delle emozioni, che altrimenti resterebbero represse.

China girl

China girl

Mi chiedo perché, per questo scopo non utilizzi delle modelle, laddove trasferire le proprie emozioni sarebbe un processo molto più semplice, perché le renderebbe oggettive.

In passato ho utilizzato modelle e ho avuto modo di “vomitare” i miei tormenti. È come se, proiettando sul corpo altrui le mie emozioni, avessi avuto modo di svuotare tutto il mio essere, le mie paure per poi riempirmi. In questa fase della mia vita, sono diventata me stessa e sono rinata Christo.

Nell’osservare queste foto non posso fare a meno di notare che c’è una tristezza interiore che le accomuna, tristezza che trapela attraverso gli occhi di Christo. L’erotismo indurrebbe al piacere, genererebbe “orgasmi” visivi. Ma qui non c’e nulla di tutto ciò.

È un erotismo fine a se stesso che continua a ricercare nuove dimensioni ma che non trova tregua e che ripiega su sé fino a morire nella propria perversione.

Eros si sposa con Tanatos e si compiace di questa dualità.

Jesus 1000

Jesus

È come se finissi , attraverso le tue opere, per amare nessun altro che te stessa?

Un amore che non esplode e che non ha vie d’uscita è destinato a morire. Ecco perché sono sempre triste, anche nelle mia più profonde fantasie erotiche. E la mia produzione artistica riflette questo tormento.

È come se nel respingere ogni forma di collaborazione, ogni amore esterno si compisse nel lavoro artistico di Christo la profezia del mito di Narciso, troppo incantato dalla sua immagine riflessa, perdutamente inammorato di se stesso. Allo stesso modo del giovane greco che si strugge fino alla morte per non riuscire a ottenere il proprio amore, Christo si tormenta perché non riesce sempre a esprimere i suoi sentimenti, le sue emozioni. E se Narciso incarna l’identità assoluta che non conosce l’alterità, Christo trova la sua dimensione, nel cercare di aprirsi con il mondo esterno, anche correndo il rischio di mettere in discussione il proprio modo di essere, con le sue sofferenze, i suoi tormenti espressi come segni tangibili sul suo corpo fino a emozionare in un modo o nell’altro chi la osserva.

Pain in red

Pain in red

È qui che avviene la morte dell’artista che si tormenta per non avere i suoi spazi, che grida tra una miriade di individualità, per osannare la propria.

Quando l’arte vede morire il proprio mezzo espressivo nell’oggetto, perché incapace di manifestare il mondo interiore dell’artista , allora fa appello al corpo del soggetto fino alla sperimentazione di esperienze più estreme. C’è solo da chiedersi fino a che punto l’artista sia capace di spingere i suoi limiti per dar vita alla sua creatività.

Save me

Save me

 

Black

Black

 

A proposito dell'autore

Giancarlo Napolitano si è laureato in lingue e letterature straniere presso la facoltà di lingue dell'Istituto Universitario Orientale di Napoli, discutendo una tesi letteraria di natura sperimentale sugli spazi e i tempi nell'Assommoir di Emile Zola, rivisitando il romanzo in chiave psicanalitica. Ha sempre nutrito un vivo interesse per l'arte, in particolare per quella rinascimentale. Vive da anni a Londra e ha potuto coltivare questa passione con continue visite alla National gallery che ha sempre considerato come una sua seconda dimora. Di carettere inquisitivo si interroga sulle opere degli artisti, continuo assertore del progresso, vede in ogni opera contemporanea un ponte con il passato con il quale rapportare ogni sua esperienza quotidiana.