Residency 80121 è un associazione culturale no profit fondata e diretta da Raffaela Naldi Rossano con il coordinamento di Mariagisella Giustino, e che prende il nome dal codice postale della casa d’infanzia della fondatrice. L’idea è quella di creare una comunità di artisti napoletani e internazionali per riflettere, dialogare e creare sul territorio.

Articolo di Carla Giannini.

Il progetto di residenze nasce nel 2017 con l’esposizione Sulle Forme dell’Abitare allestita a Napoli nella sede dell’associazione in via Martucci 48. Si tratta di un two person show di Zehra Arslan e Raffaela Naldi Rossano, da cui è poi germinata l’edizione in collaborazione con relais Regina Giovanna diretto da Gianluca Picone, e che si è conclusa con la mostra Otium, corruption and the dash, che ha ricevuto il Matronato del Museo Madre a cui hanno preso parte Raffaela Naldi Rossano, Zehra Arslan, Santiago Reyes, Susanne Winterling, Jimmie Durham e Maria Tereza Alvez. Sulle forme dell’abitare ha segnato l’apertura della sede e dell’attività dell’associazione. È iniziato così un percorso di mostre, installazioni, incontri pubblici, performance, ed eventi, in cui la fondatrice attraverso le residenze ha chiamato altri artisti a collaborare e a partecipare. Gli artisti dialogano e comunicano con lo spazio mettendo al centro del loro lavoro il rapporto tra la propria identità e quella storica del luogo in cui vivono. Sono protesi all’incontro, alla contaminazione: fulcro del lavoro è proprio quello di trovare un’apertura, uno spazio, un luogo di comunione in cui esistere e far esistere le loro opere. Un percorso di ricerca sull’identità e sulle modificazioni consce e inconsce che nascono dalla relazione con la realtà, che ha legami forti con il presente ma anche con la storia della città. Sono artisti in piena evoluzione che attraverso la ricerca cercano di porre questioni e domande al sé, in continua scoperta e apertura. Tutto nasce dalla voglia di tornare a Napoli, città natale di Raffaela Naldi Rossano, e con la quale lei stessa ammette di avere un rapporto contrastato ma anche prolifico.

Sono ossessionata da Napoli perché la vita e la morte, le contraddizioni dell’esistenza sono super vivide in questa città ed essendoci nata appartengono anche alla mia persona. La città da tanto ma in maniera onesta, appena qualcuno vuole appropriarsene o controllarla si ribella.

You complete me, Raffaela Naldi Rossano, museo apparente

You complete me, Raffaela Naldi Rossano, Museo Apparente

Residency 80121 è un appartamento abbandonato, utilizzato per installazioni e incontri. Ed è li che il bagaglio emotivo e il vissuto dell’artista viene elaborato relazionandosi allo spazio, e alle sue pieghe, alle sue crepe visive, alle fratture. Fallimenti, rimpianti, memorie, ricordi d’infanzia, prospettive future, tutto viene ripescato e reso vivo, fatto germogliare, solidificandosi così
nel tempo e nello spazio del momento presente. Un tentativo di trovare l’immaginifico nell’incontro tra il passato e il presente. Come nella performanceMonaciello disco, dove personaggi estremi dalle tinte queer si relazionano con uno spazio antico, quello del Museo Filangieri di Napoli, con l’intento di giungere a una catarsi che metta al centro una nuova percezione del reale. Attraverso l’evento performativo Monaciello Disco, Residency 80121 ha raccolto fondi per la prima di una serie di pubblicazioni annuali, che serviranno come strumento di diffusione internazionale delle esperienze sviluppate sul territorio, per promuovere la città e valorizzarne le potenzialità. All’evento collettivo curato da Raffaela Naldi Rossano con Francesca Blandino hanno partecipato Delia Gonzalez con Diego De Rienzo e Dario di Pietro, Matilde Cerruti Quara con Iacopo Seri, Fabio Cirillo con Minerva Summer e Alessandro Bava con Marco Pirolo. Il 28 giugno Raffaela Naldi Rossano ha aperto le porte di You complete me, un’installazione in mostra al Museo Apparente di Napoli, dove l’artista, che ha recuperato degli oggetti abbandonati nelle stanze di un albergo questo inverno, investiga l’esistenza di un’altra dimensione possibile, spogliando gli oggetti scelti della loro illusoria identità e del ricordo e lasciando i visitatori liberi di creare altri mondi, accompagnati in questo movimento da una fantasia ipnotica della Gestalt “A liquid walk of consciousness”, recitata dalla madre, che presta voce al lavoro.Un lavoro sul confine, sulla distanza tra il sé e l’altro, sulle relazioni, e ciò che ne esce fuori è quello che lei definisce un lavoro circolare

investigo proprio il confine, la pelle fra il sé e l’altro. Le relazioni, ciò che confonde i confini e che poi li definisce

Fantasia ricordi e intuizioni parallele si confondono con la realtà, mescolandosi con i bagagli interiori e il vissuto interno, per aprire nuove strade e ridefinire la relazione con lo spazio e con l’altro.