Nel cimitero di La Paz in Bolivia è in corso una delle più sorprenderti manifestazioni artistiche del mondo. Qui il muralismo si è legato all’intimità e alla sacralità dell’America Latina ed in particolare alle Ñatitas, celebrazioni che hanno luogo nella città durante i sei giorni successivi le feste dei morti del 1° e il 2 novembre.

In Italia, sono stati dipinti muri perimetrali di cimiteri di periferia ma mai nessuno ha osato dipingerne le pareti interne. Il contrario, insomma, di quanto realizzato in questi anni da artisti provenienti da ogni parte del mondo che, grazie alla curatela del collettivo Perrosueltos, hanno avuto la possibilità di creare opere uniche e magiche in quel di La Paz.

Murales La Paz - Alme

ALME

Magda Rossi mi ha raccontato di aver iniziato questo progetto, partendo da un muro di cinta, durante un piccolo evento realizzato grazie all’apporto del suo collega Salvador Kalavera. In quell’occasione, hanno conosciuto il direttore del cimitero ed insieme hanno deciso di spingersi oltre quell’aria di confine:
il cimitero percepito non più come luogo della tristezza ma come museo a cielo aperto per riflettere, tramite l’arte urbana e il muralismo, sulla fase immediatamente successiva alla vita: la morte.

C’è un culto molto intenso della morte qui a La Paz. Le celebrazioni delle Ñatitas, in particolare, sono qualcosa di straordinario. Le famiglie hanno nello loro case teschi umani, dei bisnonni o di estranei (che molte volte hanno dissotterrato).  L’8 novembre, giorno della festa, ognuno porta la sua Ñatita con sé; spesso sono adornate da alcuni elementi accessori, sono personalizzate, ma ciò che conta è che, se trattati con amore, questi teschi proteggeranno le famiglie e saranno sempre disposti ad aiutarli. Tutto questo è parte di un patrimonio unico che abbiamo provato a restituire tramite i nostri eventi: si chiamano Ñatinta, proprio in riferimento al fatto che abbiamo provato a dipingerlo.

COLECTIVO LICUADO

I cimiteri monumentali italiani sono luoghi meravigliosi che, in ogni parte del nostro Paese, meriterebbero una visita. Tuttavia sarebbe azzardato per i più creare un connubio tra tale monumentalità ed il muralismo. Al contrario, l’effetto del cimitero di La Paz è a dir poco sorprendente. Come è stato accolto lì il progetto, in particolar modo da chi lo frequenta per culto personale? 

Inizialmente anche noi eravamo dubbiosi sulla riuscita ma poi ci siamo resi conto che era tutto molto naturale e perfettamente allineato con la vita quotidiana, con la storia e con la tradizione. Prendendo la funivia Mi Teleférico (linea rossa), per esempio, è possibile avere un nuovo punto di vista di questo spazio della città ed è uno spettacolo davvero suggestivo. Attualmente sono stati dipinti ottanta muri e questo rende l’idea del consenso che ha riscosso il progetto.

Come racconteresti la scena urbana boliviana?

Qui a La Paz hanno dipinto sia artisti locali sia artisti di fama internazionale ma in generale, in Bolivia, la scena artistica è molto interessante. Inoltre il successo di Ñatinta ha portato visibilità a tanti artisti che oggi sono molto apprezzati e hanno iniziato a dipingere in giro per il mondo. Tra questi cito Khespy Pacha, Medianeras e Puriskiri. Le difficoltà logistiche sono molte, ma è nata una nuova centralità.

MONO GONZALES + TONO CRUZ + MATU

Tra le opere più apprezzate da Magda c’è l’intervento realizzato da Mono Gonzales, Tono Cruz e Matu, tre artisti che hanno operato anche nel cuore di Napoli, nel quartiere Sanità. Si tratta di una delle primissime opere, realizzate all’ingresso del cimitero, una sorta di torii contemporaneo della street art. 

Mono Gonzales è uno dei più grandi muralisti cileni ancora in vita. L’intervento mi piace particolarmente perché i volti di Tono Cruz sono riconoscibili così come le geometrie di Matu ma è impossibile non notare il tratto di Mono Gonzales, deciso e preciso. Una tipica caratteristica dei murales delle brigade cilene: il capo brigada tracciava le linee nere, non doveva sbagliare ma soprattutto doveva essere velocissimo.
Tantissimi altri sono gli artisti che hanno lasciato un segno importante nel cimitero di La Paz, dal Collettivo Licuando a Samir fino a Smooth e Bastardilla.

Anche il cimitero dunque, viene vissuto come uno spazio urbano, parte della città, non solo come luogo di culto e della memoria, ma come un luogo in grado di generare arte; è perciò fantastico, quasi un miracolo, ciò che è accaduto in questa città boliviana dove pare abbia trovato, in una maniera che di certo non possiamo definire casuale, una nuova vita, inaspettata e attraente. Viene voglia di mettersi in viaggio per ammirare con i propri occhi questo grande monumento en plein air.

TEKAZ