Riflessiva e frenetica ma al tempo stesso cheta e tormentata. Uno spazio impreciso, che è di tutti e di nessuno, e un tempo sospeso, come se non fosse mai troppo tardi né troppo presto: l’arte di Chiara Pulselli in arte Kiki Skipi è esattamente così, perfettamente in linea con gli animi più volubili. Una giovane artista sarda che sospinge in superficie la spiritualità di ognuno di noi tramite un’illustrazione raffinata e fragile. Un messaggio che arriva a tutti, in particolare alle donne, anche grazie all’arte urbana.

I tuoi lavori a primo acchito paiono surreali. Eppure, se ci penso, mi viene in mente una frase di Frida Kahlo: “Pensavano che anch’io fossi una surrealista, ma non lo sono mai stata. Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni”. Mi rivedo molto, infatti, nelle tue donne senza volto. Quanto di te c’è in ognuna delle donne che disegni?

Sì, sono d’accordo anche io con questa frase. Ci sono delle persone che mi paragonano ai surrealisti, ma in realtà non è così: quello che dipingo non sono i miei sogni, sono immagini perfettamente lucide, sono pensieri, emozioni, fantasie e idee che vivo nella realtà e che provo a buttare giù su carta. Come ho sempre detto, nelle mie donnine non riesco a disegnare un volto perché non voglio che diventi una figura concreta, non voglio portare l’attenzione sul viso, voglio che parli tutto il contesto, e voglio soprattutto che le persone che guardano si rispecchino con più facilità. In ognuna di loro c’è sempre una grossa percentuale di me, ma mi piace anche nasconderla, e tutto dipende dalla tematica che voglio affrontare e da quanto voglio espormi.

Vento sardo quello che arriva nel mondo dell’arte grazie a numerosi artisti che, soprattutto in questi ultimi anni, hanno raccolto, custodito e trasformato tutta una tradizione creativa regionale fortemente legata, del resto, anche all’arte murale. L’estrema contemporaneità non può tradire, infatti, l’intima formazione di ognuno, compresa l’arte di Kiki Skipi.

La Sardegna è una terra magica, ogni cosa di questa terra parla e da ogni cosa puoi trarre ispirazione. È una terra antica che ancora oggi continua a trascinarsi la sua storia, le sue leggende e i suoi miti. Le sue maschere e l’unione tra uomo e animale, le sue janas (fate) le sue brujas (streghe), l’importanza del mare, ma anche della montagna; i colori dei tessuti degli abiti tradizionali e della loro lavorazione. La Sardegna è sempre dentro di me.

Quando e perché hai deciso di portare l’arte all’aria aperta?

Mi ha sempre affascinato il mondo della street art. Da ragazzina frequentavo alcuni amici che usavano gli spray, però non ho mai provato ad usarli. Poi, più avanti, con il tempo, durante gli anni dell’Accademia, ho incontrato persone che usavano rulli e pennelli e mi sono detta: “Perché no? Proviamo!” e devo dire che è molto gratificante vedere un tuo lavoro, di solito realizzato su carta, in formato piccolo, su un muro abbandonato, magari nel bel mezzo della campagna, a contatto con la natura.

Quello che mi piace di più della street art è proprio questo: portarla all’aria aperta, dove tutti possono vederla. C’è un legame diverso con il posto, con le persone… c’è interazione. E soprattutto è qualcosa che rimane lì, nel tempo. Il muro dipinto non è solo un muro con un’opera d’arte, non si parla solo di un elemento estetico, ma è un elemento che dà una nuova vita, un nuovo valore a quell’edificio, a quella città, a quel contesto e alle persone.

Dalla creatività di Kiki Skipi nasce una coreografia silente, fatta di corpi nudi, sodi e forti, opulenti o disfatti, nei quali, dall’assenza di ogni caratteristica fisiognomica, nascono fiori e piante. Il mondo dell’inconscio e la vita interiore si caricano anche di forte sessualità, ponendo l’attenzione sull’attento percorso perlustrato dall’artista. Frida Kahlo, Carol Rama, Bacon, Hieronymus Bosch e Rebecca Horn: sono tanti gli artisti della storia dell’arte che hanno ispirato ed ispirano i lavori di Kiki Skipi ma esiste un forte legame anche con l’arte fotografica.

Ultimamente sto sfogliando libri illustrati di botanica, di pattern, di woodcuts, decorazioni art noveau e folk ma anche dipinti di tematica cristiana (mi affascinano soprattutto le decorazioni degli abiti dei santi e delle Madonne). Però devo ammettere che i miei artisti preferiti sono fotografi: Diane Arbus, con le sue atmosfere freak; Richard Avedon per il suo bellissimo bianco e nero, il suo formato e la semplicità dello scatto; Carlo Mollino per le sue polaroid osè; Robert Mapplethorpe per le sue provocazioni; Nobuyoshi Araki per le sue fotografie sensuali classiche della illustrazione erotica giapponese, e Francesca Woodman.

A proposito dell'autore

Specializzanda in storia dell'arte presso la Federico II di Napoli, lavora con INWARD Osservatorio sulla Creatività Urbana. Amante dell'arte contemporanea e delle molteplici espressioni dell'urban art