Pregiudizi o Luoghi Comuni: sulle donne si è detto anche troppo, e a volte in termini non pertinenti, durante la settimana o il mese o il giorno dedicato alla ricorrenza dell’otto marzo. Una ricorrenza funebre – vorrei ricordare – per la morte di operaie pagate in nero in una fabbrica inesistente, per rinnegare il lungo percorso che è partito dall’Unione Sovietica e da donne coraggiose, ancorché comuniste e sovversive come Rosa Luxembourg, che lottavano per il suffragio universale alle donne.

Intanto si è tenuto allo Slash l’evento Sesso e Tabù che ha visto una forte partecipazione femminile, per presentare il libro di Chiara Tortorelli, appunto dal titolo Tabù, caratterizzato da un insieme di narrazioni, un insieme di universi relazionali conflittuali molto suggestivi, legati dall’abilità della scrittrice di attraversare la terza parete della scrittura, per far entrare suggestivamente lettore e personaggi in una diretta comunicazione.

Lo straordinario burlesque, di Candy Bloom (cara amica di chi scrive) chiude la suggestiva serata, in cui una sessuologa, un’attrice, una scrittrice e i video di Passaggio Segreto (con il taglio di Lucio Fontana nella grafica) interviste al variopinto popolo napoletano, si sono alternate arrogandosi la scena, fino alla visione oggettiva di un corpo: erotico, ironico, abbondante, delicato, sensuale, da vera ammaliatrice professionista.

Il corpo è quello che ci dona la natura, spetta a noi condizionarlo, maltrattarlo, coccolarlo, disprezzarlo o amarlo, prima ancora che a un eventuale partner sessuale o emozionale. Oggi però viviamo in un’epoca in cui la tecnologia più che la cultura ci ha invaso e sta lentamente entrando anche sotto la nostra pelle, trasformando i nostri corpi secondo le leggi della cibernetica.

Chiara Tortorelli: Sesso e Tabù

Questo viaggio è iniziato negli anni sessanta quando sbarcò a Parigi la misteriosa e splendida Coccinelle, una delle prime transessuali, il cui corpo modificato da ormoni e operazioni chirurgiche divenne ormai quello di una novella Venere, generosa e meravigliosa, pronta a sposarsi due anni dopo con un giornalista e scandalizzare per amore un mondo ancora bigotto. La sua trasformazione venne discussa e osteggiata fino agli anni ottanta, quando una legge consentì anche in Italia la trasformazione del sesso a chiunque volesse cambiare il proprio genere.
Negli anni novanta la ricerca contemporanea di arte e tecnologia torna alla preistoria e al tribalismo: arrivano alla massa i tatuaggi della Polinesia, che oscillano su tutto il corpo fino ai bisquit da nascondere o esporre in piccoli angoli preziosi del corpo e i piercing in metallo delle popolazioni africane e amazzoniche, sempre più invadenti e sempre erotizzanti.
Arrivano anche le prime Veline, anoressiche con protesi stampate, come le Barbie, in confezioni e a pacchi, tutte uguali ancora oggi, e scopriamo lentamente quanto si abbassi l’età di queste trasformazioni, mentre i maschi si devastano con le sostanze dopanti alla ricerca di un altro sé, uniformato a un modello erotico tecnologico.
Con l’arrivo del nuovo secolo emergono, da un lato, i portatori di handicap con protesi per gareggiare in tutti gli sport olimpionici e, da un altro lato, obesi extra-large sempre più impressionanti, devastati dal cibo spazzatura, sempre più economico e disgustoso.
Alle forme umanizzate nate per il recupero funzionale di corpi medicalizzati o sottoposti a privazioni chirurgiche, si aggiungono quelle in fibra di carbonio per protesi isomorfe, ma anche solamente funzionali, come quelle incredibili che permettono a un uomo senza gambe di essere il più veloce Achille del pianeta.
Oggi ci sono occhi ed orecchie elettroniche sempre più sofisticate che iniziano prima dei Google Glass a invadere i corpi, mentre i chip sottocutanei sono per ora riservati ai nostri animali domestici e di allevamento.
Esiste un lato perverso e migliaia di tabù che si scontrano anche in direzioni opposte. Persone che rifiutano la protesi per evitare relazioni sessuali e continuare a restare socialmente isolate, e quelle che le pretendono perché il proprio genere si uniformi a un’idea astratta sempre più sofisticata e cyber.
Esistiamo noi, mediamente drogati dalla tecnologia, dalla televisione, da internet o dai cellulari, che ancora ci sentiamo parte della nostra natura, ma abbiamo smesso di toccarci e di farci toccare, preferendo comunicare attraverso la rete verso un altrove piuttosto che con quanti ci accompagnano nell’hic et nunc, mentre attraversiamo la strada, in casa e in ogni dove.

A proposito dell'autore

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Manlio Converti, psichiatra, blogger, magato dalla cultura e dall'arte come continua innovazione e sperimentazione, come è la vita, nato nel 69, completa i suoi studi professionali col massimo dei voti nel minimo tempo necessario, laureandosi a 23 anni in medicina. Lavora stabilmente presso la Asl Napoli 2 nord, ma soprattutto perora cause civili e sociali, ancorchè in Italia siano finora perse, come i diritti gay, per egoismo, quelli delle donne e dei migranti, per altruismo, quelli dei sofferenti psichici, per dovere professionale, quelli dell'ambiente, per dovere naturale, quelli degli artisti napoletani e della relativa città conurbata, per patriottismo europeo.