Mouse

Il performer, così come gli oggetti che sono sul set di una performance, rappresentano per noi un feticcio. Come è successo quando abbiamo incontrato Mouse. Il nostro primo incontro è stato a Londra, quando eravamo ospiti dalla nostra amica Apollonia (anche lei è stata una nostra performer in alcune occasioni) che viveva all’epoca a casa di Mouse. Appena siamo arrivati a casa sua, lei stava uscendo di corsa, giusto il tempo di presentarsi e di dirci di guardare la sua performance, trasmessa quella stessa sera in Tv, su Channel 5. Abbiamo quindi acceso la tv, ci siamo sintonizzati su Channel 5 e abbiamo guardato Mouse che lanciava palline da ping pong, centrando perfettamente un bicchiere. Solo che le palline le sputava dalla vagina. Per noi è stata un’illuminazione.

Percezione

Il concetto di percezione è il fondamento della nostra ricerca artistica. Induciamo il pubblico a concentrare la propria attenzione su un particolare (per questo abbiamo lavorato più volte con lo stop motion) che in seguito si rivelerà essere tutt’altro rispetto a ciò che sembra all’inizio. L’utilizzo di filtri, di situazioni surreali, di veri e propri cortocircuiti emozionali, sono gli strumenti con cui destabilizziamo lo spettatore, inducendolo a riflettere sull’interpretazione dell’immagine, sulla distorsione della realtà, su come tutto possa essere un misunderstand. Questo è quanto accade in Panta Rei (2012, a cura di Chiara Pirozzi): sei monitor, su cui sono trasmessi panorami da cartolina, che portano subito in una dimensione di vacanza e di relax. Le immagini sembrano ferme, come in una serie di fotografie. In realtà non è così. Tutto scorre (appunto!), tutto è in continuo divenire: lo percepisci, osservando bene i monitor in cui piccoli particolari cambiano, si muovono continuamente. E quando sei ormai immerso nella sensazione calda e rassicurante delle spiagge delle Canarie, passi alla sala successiva. Anche in questo caso un video, anche in questo caso un lento fluire. Poi capisci cosa è, ed ecco il cortocircuito. La destabilizzante e imbarazzante presa di coscienza di essere al cospetto di una vagina che fuma (è, udite udite, la “famosa” vagina di Mouse che, in assoluto primo piano, “inspira e aspira” fumo da una sigaretta).

Naked Lunch

Questa performance, di cui è stato girato un video, è stata presentata al museo Madre di Napoli (2010, a cura di Adriana Rispoli e Eugenio Viola). Ispirandosi dal film omonimo di David Cronenberg (1991, a sua volta ispirato al romanzo di William S. Burroughs), vuole riflettere sul concetto di arte, su come sia facilmente oggetto di un’illusione, di cui gli spettatori sono al contempo succubi e artefici. La performer (Elda Oreto, artista e giornalista tedesca, totalmente nuda, anzi no, coperta solo dai suoi tatuaggi) distribuisce babà, imboccando il pubblico quasi con forza. La metafora è palese.

Censura

L’arte, quando induce alla riflessione su stereotipi e luoghi comuni, quando si propone di trasmettere un messaggio “politically incorret”, trova sempre sul suo percorso degli ostacoli da valicare. Come è successo in occasione della rassegna Arte e Omosessualità (a cura di Eugenio Viola e Vittorio Sgarbi), a cui avremmo dovuto partecipare con il nostro lavoro Cappella Privata (2007). Il video mostra due ballerine in tutù (che esprimono il concetto di femminilità) intente in una danza/approccio omoerotico. Sullo sfondo una madonnina luminescente, lumini a luce alternante, e il suono delle omelie biascicate dei fedeli. Il messaggio di contestazione è chiaro. Il nostro lavoro è stato escluso in quanto considerato “blasfemo”. Ciò è stato dedotto da Letizia Moratti (all’epoca sindaco di Milano, ndr.), sfogliando semplicemente il catalogo. In seguito al vernissage che si è tenuto a Milano, l’intera mostra è stata spostata a Firenze, alla Palazzina Reale, dove abbiamo potuto finalmente esporre anche noi.
Eccentrici, dissacranti, ironici: così si presentano Luigi e Luca. Come persone e come artisti. Ci vuole veramente poco per innamorarsi di loro.

notizie biografiche

Luigi Moio (Napoli, 1975) e Luca Sivelli (Napoli, 1974) vivono e lavorano tra Napoli e Londra. Moio&Sivelli muovono la loro ricerca dalla creazione di situazioni borderline con l’utilizzo di filtri concettuali e mediante diaframmi materici come il silicone. Gli artisti indagano l’idea del percepito e i livelli di attenzione che pone l’osservatore nel leggere correttamente un’immagine. La creazione di situazioni ambigue costringe il fruitore a uno sforzo cognitivo ulteriore, in grado di intensificare lo spiazzamento e l’inaspettata comprensione delle apparenze. Moio&Sivelli sono stati invitati a partecipare, con il video intitolato Roudabout, all’evento “The One Minutes”, realizzato nel 2012 nell’ambito del Festival Internazionale della Televisione di Shanghai. Insegnano videoinstallazione ed elaborazione digitale dell’immagine all’Accademia di Belle Arti di Napoli. I loro lavori sono installati presso la stazione di Mergellina della Metropolitana di Napoli e presso il Porto del Granatello di Portici (NA).

credits

foto: Susy D’Urzo
Si ringrazia Dino Morra – Arte Contemporanea e il Museo Nitsch di Napoli.

A proposito dell'autore

Project Manager

Alla formazione scientifica (studi in Medicina Veterinaria, prima in Inghilterra e poi in Italia) unisce l'insana passione per l'arte e la letteratura. Dal 2012 collabora con la casa editrice Marchese editore, occupandosi di pubbliche relazioni, promozione e creazione di eventi culturali. Nel 2013 fonda con alcuni collaboratori il blog "About M.E.", legato all'attività della casa editrice ma fin dall'inizio aperto a tutto ciò che è cultura, con particolare attenzione a ciò che succede sul territorio campano. Ama i cappelli, Dostoevskij, e il té delle cinque.