A circa due anni dalla sua prima esposizione, Piero Mastroberardino partecipa a una mostra collettiva, che occuperà le grandi superfici del Terminal 3 dell’Areoporto internazionale Guarulhos di San Paolo, in Brasile. Si ripete quindi l’esperienza di rendere i luoghi di transito nuovi e funzionali spazi d’allestimento per le opere d’arte. I lavori esposti avranno come tema comune il calcio, fenomeno di massa nel paese carioca dove si svolgeranno gli imminenti campionati mondiali.

Nelle opere presentate da Mastroberardino – pure espressioni dell’energia vitale dell’atleta – convergono i diversi elementi che caratterizzano la sua ricerca artistica che non si limita alle arti figurative. E’ del 2011 la pubblicazione del romanzo “Umano errare” ambientato nel mondo della finanza. Ambiente ben conosciuto da Mastroberardino, in veste di imprenditore di un’antica casa vinicola campana e come docente di Organizzazione aziendale all’Università di Foggia.

– Le sue opere, che saranno esposte in Brasile in occasione dei mondiali di calcio del 2014, sono un inno alla forza e all’energia vitale dell’uomo. Possiamo parlare di una pittura primitiva, se non nella forma espressiva, almeno nella sostanza?

Mi sforzo di rappresentare della figura umana i momenti più intensi, vividi. Generalmente provo a catturare stati d’animo, sofferenze, piaceri, sempre astraendo – in un tratto semplice, essenziale – il soggetto dal contesto, rendendo minimo lo sfondo, affinché trattenga con sé altrove dalla carta anche gli scopi, la finalizzazione dell’agire individuale.
Nelle rappresentazioni agonistiche o sportive provo a sentire come l’eleganza, lo stile di un gesto tecnico si fondano con emozioni, rabbie, frustrazioni. E resto colpito quando vedo affiorare l’armonia di una danza.

I lavori presentati a San Paolo, in Brasile, puntano a raffigurare un modo per uscire dalla predeterminazione del soggetto verso il risultato, poiché in questi anni abbiamo vissuto troppo spesso l’esasperazione nello sport della tensione verso la meta, che, oltre certi limiti, finisce per stressare, comprimere la bellezza del momento atletico e ne aspira via la bellezza.

– Dalla sua biografia emerge un ritratto intellettuale composito, un percorso formativo incentrato sulle scienze economiche a cui si accompagna la ricerca in ambito artistico e letterario. Nel suo processo creativo intervengono tali fattori, anche cosi apparentemente antitetici, o è spinto dalle forze istintuali della sua sensibilità artistica?

La fase creativa è marcatamente istintuale. Poi, in alcune forme espressive come il romanzo, possono intervenire dei condizionamenti di carattere culturale derivanti dalle mie altre esperienze, ma mai giungendo al punto da convogliare la creatività entro binari. Se ciò accade il progetto artistico naufraga, soccombe.

– L’esposizione in Brasile è un’occasione importante anche per testimoniare la presenza del nostro Paese in una realtà emergente che promette di raggiungere i vertici dell’economia mondiale. Le arti visive, la cultura, rappresentano un’opportunità per presentare positivamente all’estero il nostro Paese?

Il nostro Paese sta attraversando una fase difficile, appare molto vincolato, costretto, lascia poco spazio all’estro. Vi sono invece Paesi in cui, pur a fronte di una condizione socio-economica peggiore della nostra, nell’aria e negli sguardi delle persone si respira gioia di vivere. Il Brasile è così: l’arte è aperta e libera, fuori da schemi strutturati e fruibile anche per strada, senza zavorre e contrappesi. Questa sensazione è straordinaria e alimenta un circuito di creatività senza barriere. L’ho provata per intero durante la mia permanenza in queste ultime settimane e in pochi contatti ho ricevuto numerose proposte concrete per attività artistiche da svolgere in loco.

– Dato il suo peculiare punto di vista bifronte, in quanto artista e imprenditore, le chiedo: quale posizione deve assumere l’artista nei confronti della società contemporanea?

Non esiste un’unica figura ideale di artista né un’unica modalità di interazione con la società di oggi. È difficile fornire una risposta valida in generale. Se l’espressione artistica è capace di procurare un beneficio (immateriale), allora essa sopravvive, prospera, cresce. Credo che chi si dedica ad attività di creazione senta questa spinta interiore prima di tutto per se stesso. Poi il suo parto può restare una gratificazione per sé, oppure può ambire a prestare un servizio ad altri. Bisogna sforzarsi di ideare e mettere a punto modelli in grado di sostenere i costi organizzativi e realizzativi, lanciando messaggi che siano recepibili dal pubblico. E parlare alla gente più liberamente. Ma il discorso sarebbe troppo lungo e forse non sono io la persona più adatta a fornire una ricetta sull’argomento.

 

Copywrite RACNA Magazine

A proposito dell'autore

Project Manager

Alla formazione scientifica (studi in Medicina Veterinaria, prima in Inghilterra e poi in Italia) unisce l'insana passione per l'arte e la letteratura. Dal 2012 collabora con la casa editrice Marchese editore, occupandosi di pubbliche relazioni, promozione e creazione di eventi culturali. Nel 2013 fonda con alcuni collaboratori il blog "About M.E.", legato all'attività della casa editrice ma fin dall'inizio aperto a tutto ciò che è cultura, con particolare attenzione a ciò che succede sul territorio campano. Ama i cappelli, Dostoevskij, e il té delle cinque.