L’arte di Crisa, è una prosopopea. L’ho pensato la prima volta che ho avuto modo di conoscere i suoi lavori e continuo a pensarlo ancora oggi. Si tratta di veri e propri microcosmi in cui cose (apparentemente) inanimate e astratte quasi dialogano con il mondo esterno come fossero presenti e vive. Ho voluto parlarne con il diretto interessato, scoprendo l’anima che si cela dentro questi cosmi nei cosmi.

Nei miei mondi c’è la vita: ci sono tessuti differenti che spesso vengono distinti non solo dalle forme, ma da cromatismi. Sono varie simbologie che si mischiano. Oblò, funi e residui che spesso vengono raffigurati come sostenuti da strutture in legno: rappresentano l’instabilità del mondo. Spesso queste strutture si trovano in un deserto o in un paesaggio desolato, ma negli scenari successivi c’è sempre qualcosa di dinamico, come il movimento delle farfalle o la caduta di elementi, dal fogliame ai mattoni. Cerco di creare contrasti tra mondi metà naturali e metà di cemento.

Crisa, quartiere Santa Teresa, Cagliari, ph Fabrizio Dessi

Crisa, quartiere Santa Teresa, Cagliari, ph Fabrizio Dessi

Non posso non pensare alla tua origine sarda e dunque al muralismo tipico della regione. In che modo senti che questa tradizione ti abbia influenzato?

Il muralismo sardo nasce alla fine degli anni Sessanta, come strumento di contro-informazione e di denuncia del malessere e dello sfruttamento. Io, infatti, non mi definisco street artist, ma muralista o pittore di muri. Mi ispiro a quello che mi circonda, al caos, agli agglomerati tra natura e metropoli, alla decadenza di un mondo instabile, al paesaggio del luogo in cui sono nato e cresciuto. Le mie, sono visioni. La Sardegna, sotto questo punto di vista, mi ha dato tanto; non parlo di tradizione folkoristica ma di una vera e propria visione di un mondo culturalmente differente, fatto di lingua, musicalità, rituali, costumi, energia. Quest’anima si è inevitabilmente radicata dentro di me, mischiandosi con la contemporaneità. Quindi ammetto che la contaminazione con la terra di origine è stata inevitabile. Quando nel 2014 sono stato in Messico con un amico antropologo, abbiamo rivisto e risentito alcune somiglianze: pareva la Sardegna raccontataci dai nostri nonni.

Crisa, ph Fabrizio Dessi

Crisa, ph Fabrizio Dessi

Difatti non hai mai completamente abbandonato il tuo territorio di origine e uno dei tuoi ultimi lavori è stato realizzato proprio nel quartiere in cui sei nato…

Sì, sono nato a Cagliari, poco distante dal quartiere popolare conosciuto col nome di Santa Teresa: una schiera di palazzine grigio cenere con cori di tifoserie da stadio dipinti sui muri e un mercato abbandonato occupato da vendite illecite. Fino a dieci anni fa a Santa Teresa si respirava un clima di abbandono. Poi, nel 2012, c’è stato un cambiamento: una fondazione onlus ha rimesso in piedi il vecchio mercato creando un centro culturale per gli abitanti, da cui è nato il progetto “I Exme”. Sono così diventato un maestro di graffiti per diversi ragazzini, insieme ai quali ho iniziato a dipingere la facciata del mercato. L’ultimo progetto a cui ho lavorato è ISMURUSU, realizzato dal centro Exme e Urban Center Cagliari ideato dall’artista Manuinvisible. Grazie a questo progetto il quartiere ha cambiato volto e adesso per le persone è più facile camminare tra quelle strade, scattando anche qualche foto ai dipinti. Ho realizzato un lavoro su una grande facciata, con più di venticinque finestre: sono stati quattro giorni pieni, pieni di vita.

Crisa nel quartiere di Santa Teresa, Cagliari, ph Fabrizio Dessi

Crisa nel quartiere di Santa Teresa, Cagliari, ph Fabrizio Dessi

Anche a Napoli hai scelto di realizzare un’opera in un quartiere difficile: Scampia. Come mai questa scelta?

Ero a Napoli per incontrare Cyop&Kaf in occasione della mostra personale dedicata ai miei lavori e intitolata “Viandanti”. Con me c’era Marcolino, un ragazzo di Cagliari che ha vissuto a Napoli per tre anni, lavorando a Scampia come educatore di strada. Fu proprio Marcolino a propormi di realizzare un lavoro in questo quartiere che conosceva così bene. Appena arrivato mi colpì una grande scritta: Welcome To Scampia. Poco più avanti un parco giochi per bambini era sommerso dalla macerie, dopo esser stato inglobato nella villa privata di un boss. Nei pressi delle Vele ho disegnato un mondo grigio, come i palazzi, e verde, come le piante; le farfalle cercano di invadere la parte opposta, anche se il mondo, sostenuto su una struttura di legno, dà un senso di precarietà: un messaggio di speranza, di cambiamento.

Crisa con Ericailcane, AndreaCasciu e Andreco, Bologna

Crisa con Ericailcane, AndreaCasciu e Andreco, Bologna

A proposito di cambiamenti, quali sono i tuoi progetti futuri?

Ora vivo a Marsiglia, dove seguo diversi progetti. Quest’anno dovrò affrontare un po’ di viaggi, mostre e nuovi murales. Una delle prime tappe sarà in Portogallo, ma tutto è imprevedibile.

Crisa a Scampia, Napoli

Crisa a Scampia, Napoli

 

Crisa, Messico, ph Umberto Cao

Crisa, Messico, ph Umberto Cao

A proposito dell'autore

Specializzanda in storia dell'arte presso la Federico II di Napoli, lavora con INWARD Osservatorio sulla Creatività Urbana. Amante dell'arte contemporanea e delle molteplici espressioni dell'urban art