Tutto pronto per Accents, accenti, АКЦЕНТЫ, l’evento che darà il via all’innovativo progetto di “visiting director” promosso dal museo Marino Marini. Ne parliamo in esclusiva con Dimitry Ozerkov direttore per un anno dell’unico spazio dedicato al contemporaneo nel centro di Firenze

Articolo di Carla Giannini

Il museo Marino Marini è situato in uno degli edifici storici più antichi, tra quelli conservati fino ai giorni nostri, nel centro di Firenze. Le sue vicende sono rimaste impresse nello spazio e nell’architettura: in origine era una chiesa, la chiesa di San Pancrazio, l’edificio ha poi subito negli anni numerose trasformazioni, fino all’ultima ristrutturazione affidata nel 1982 agli architetti Lorenzo Papi e Bruno Sacchi.
Il recupero del luogo è stato teso alla conservazione della sua complessa struttura, l’involucro medievale, l’interno settecentesco, le sovrastrutture proto industriali in ferro della fine dell’ottocento. La vecchia chiesa di San Pancrazio è diventata infine un museo monografico dedicato all’opera di Marino Marini, e la sua ristrutturazione è stata pensata per rispecchiare l’opera dell’artista.  

Nel 2019 il museo, unico spazio dedicato all’arte contemporanea nel centro di firenze, introduce la figura del visiting director, che lavorerà per un anno come direttore del museo. La figura scelta di volta in volta, a dirigire per dodici mesi lo spazio fiorentino sarà di caratura internazionale. Come specifica la presidente del museo Marino Marini, Patrizia Asproni, questa figura è innovativa nel panorama contemporaneo, e si differenzia dal più comune visiting curator. Si tratta di una figura che importerà nel museo la sua visione, e non si dedicherà ad una mostra in particolare, ma lavorerà in prospettiva, creando un percorso ed impostando un’idea personale di museo, in correlazione con gli sviluppi che lo “spazio museale” sta incontrando in questi anni nel mondo.

Per questo primo anno il ruolo è affidato a Dimitri Ozerkov, direttore del dipartimento di arte contemporanea dell’Ermitage di San Pietroburgo, che dal 2007 lavora all’ambizioso progetto Ermitage 20\21 project for contemporary art che mira a collezionare e ad esporre arte contemporanea russa.  Lo abbiamo incontrato insieme alla presidente del museo Patrizia Asproni, per farci spiegare in che cosa consiste e come si svilupperà questo progetto, anche in vista del prossimo programma di eventi dal titolo Accents, accenti, АКЦЕНТЫ che avrà luogo il 3 e 4 maggio.

Dal dipartimento di arte contemporanea di uno storico museo come l’Ermitage a un museo monografico, più piccolo, in una città storica come Firenze. Il legame con l’antichità è sempre forte. Che rapporto hai con la tradizione?

Come storico dell’arte sono molto legato a Firenze, questa città è come una mecca per gli storici dell’arte, e per me è un onore essere stato invitato qui a dirigere questo museo che è l’unica istituzione per il contemporaneo in questa città. Tutti siamo legati al passato, alla tradizione, ma bisogna saper aprire una porta verso il futuro.  Qui voglio costruire un laboratorio che aprirà questa porta, con la partecipazione di artisti che vengono da un altro contesto, influenzati e stimolati dalle opere di Marino Marini, dallo spazio e dall’architettura di questo luogo. Turisti, persone locali, visitatori, artisti, dobbiamo pensanrci in questo spazio, in questo tempio dell’arte. Un luogo dove convivono Leon Battista Alberti, Marino Marini, la chiesa di San Pancrazio.
Le tre parti del progetto Acce
nts mettono l’accento su questo spazio, che si apre, si chiude si sviluppa, si ricostruisce, e non è aperto tutto il tempo.

Come è strutturato il programma di eventi “accents”. Ci sarà un Focus su alcuni artisti russi contemporanei?

Il progetto sarà diviso in tre parti. Innanzitutto c’è questa nuova figura del visiting director, poi ci sarà una residenza di tre artisti russi, Irina Drozd, Andrey Kuzkin e Ivan Plusch, con un lavoro work in progress, nella cripta dove si apriranno agli stimoli e alle influenze del luogo. Sarà interessante il progresso di questo lavoro, non il prodotto finale. Con questo progetto non guardiamo al mercato, si entrerà in contatto con gli artisti, si potrà vedere come reagiscono agli stimoli, osservare il modo in cui lavorano. La loro cultura è molto diversa da quella italiana, per quanto riguarda lo spazio, la luce, i materiali, sarà un esperimento interessante.

Quali sono state le linee guida per la scelta degli artisti che partecipano al progetto?

Saranno tre artisti, un pittore tradizionale, un artista visiva, che fa anche piccole sculture, e un artista performativo . Due sono di Mosca e uno di San Pietroburgo. È una combinazione, di tre personalità differenti, che lavoreranno individualmente o come gruppo in un processo work in progress che non ha una fine. I tre artisti in residenza vivranno attorno al museo, respirando l’aria e le influenze dell’arte presente e gli stimoli che arriveranno. Tra cui, una piccola mostra nella Cappella Rucellai e un evento notturna scientifico-artistico di incontro e colloquio sull’arte e la filosofia, alla quale prenderanno parte scienziati, storici dell’arte, poeti e filosofi.

Il titolo dato al progetto “Accents” a cosa si riferisce?

All’idea di accentuare le diverse parti del museo. Il Marino Marini con la sua architettura molto varia e il suo carattere monografico, dà la possibilità di accentuare queste diversità. Cose piccole che possono essere impercettibili per noi, possono cambiare radicalmente la visione degli artisti coinvolti.

Sul museo e sull’idea della mostra, aggiunge la presidente Patrizia Asproni – Noi siamo un museo piccolo, l’unico di arte contemporanea in un contesto fortemente storicizzato e rinascimentale e vogliamo essere un luogo di totale innovazione, di sperimentazione, ma anche di visione diversa, uscire un po’ dalla tradizione e contemporaneamente prendere la tradizione, perché gli artisti che lavorano in un museo di arte contemporanea reincarnano l’idea stessa di bottega dell’arte, una bottega contemporanea. La mostra Accents inizierà quando finisce il percorso di creazione, i visitatori saranno partecipi, l’osservatore interagirà con gli artisti e poi con il risultato di questo movimento, non c’è un inizio e non c’è una fine, c’è un’influenza, un ponte tra culture. Questo flusso rientra in un nuovo concetto del mondo in divenire.

Dimitry Ozerkov torniamo agli eventi in programma, ci puoi anticipare qualcosa sulla mostra concettuale che avrà luogo nella Cappella Rucellai?

La cappella è un luogo sacro, installeremo tre stampe che illustrano tre eroine della bibbia, tre donne che hanno ucciso i loro uomini e che per questo sono diventate importanti. Mostriamo le loro immagini, con un riferimento anche a un racconto di Robert Musil e il testo della bibbia dove si legge di queste donne. Questa esposizione ha un valore sociale, femminile, cristiano.

Il dipartimento di arte contemporanea dell’Ermitage che dirigi da ormai vent’anni ha un valore storico molto importante, per te è fondamentale lavorare anche sulla funzione educativa dell’arte, nell’avvicinamento al pubblico. In che modo?

Anche altri grandi musei come il British Museum e il Louvre, stanno iniziando a lavorare sul contemporaneo ma non hanno creato un dipartimento stabile sull’arte contemporanea come quello dell’Ermitage. La gente russa è molto tradizionale, per loro l’arte contemporanea è qualcosa di offensivo, una cosa che li disturba, l’idea è stata quella di iniziare un processo di educazione all’arte contemporanea. Per esempio nel grande palazzo barocco all’entrata del museo, dove la gente aspetta di poter entrare, magari in coda, abbiamo creato uno spazio per una scultura di arte contemporanea, così da educare le persone alla vista. In più tutte le mostre di arte contemporanea sono gratis, si può entrare con un solo biglietto. Siamo un museo classico, ma questa parte moderna è anche importante perché è molto visiva, alla gente interessa questa combinazione tra antico e moderno, questa invasione nello spazio che non era prevista, è interessante anche come si pensa l’arte e come il pubblico gioca con l’arte.

Gli artisti russi coinvolti nel progetto, Irina Drozd, Andrey Kuzkin e Ivan Plusch