L’istituto italiano di Cultura di Mosca celebra i 200 anni dalla nascita di Michelangelo Scotti, pittore italo-russo da riscoprire.
di Anastasia Vladimirova

L’Italia è sempre stata un luogo di irresistibile suggestione per i pittori russi. I musei di Mosca e San Pietroburgo sono pieni di paesaggi romani, veneziani e napoletani e di quadri che rappresentano alcuni momenti importanti della storia italiana (come, per esempio, “L’ultimo giorno di Pompei” di Karl Brjullov), ma anche di scene della vita quotidiana (come la raccolta dell’uva o le feste tradizionali italiane). Precipitando da un quadro famoso all’altro, il visitatore spesso non presta tanta attenzione all’arte dei pittori meno conosciuti, ma a volte una nota più vivace ed espressiva lo attira, lo cattura, lo coinvolge in un dialogo non-verbale, e potrà leggere la firma di un dipinto come questa: “Scotti, Mikhail Ivanovich“. Una strana combinazione, nome e patronimico russi e cognome italiano.

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Purtroppo il suo nome è praticamente sconosciuto sia in Italia – la sua patria storica – che in Russia, anche se il suo quadro Minin e Pozharskij è ormai diventato uno dei simboli della Giornata dell’unità nazionale (la festa che i russi celebrano il 4 novembre). La conferenza di Liudmila Markina (dottore in critica d’arte, Capo sezione della pittura del Settecento e della prima parte dell’ Ottocento della Galleria Tretjakov) Un mazzo di fiori per Madonna che ha avuto luogo all’Istituto Italiano di Cultura di Mosca per il 200mo anniversario dalla nascita di Scotti è stata dedicata alla vita e all’opera di questo artista ingiustamente dimenticato.

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Michelangelo Scotti nasce a San Pietroburgo il 29 ottobre del 1814 nella famiglia del famoso decoratore Ivan Karlovitch (Giovanni Battista) Scotti, che collabora con i migliori architetti dell’epoca – Rossi, Toma de Tomon, Voronikhin. Da bambino cresce in un’atmosfera artistica, felice e affettuosa. Ma la morte improvvisa del padre nel 1830 e, subito dopo, della madre cambia la sua vita. Acquisita la cittadinanza russa nel 1831, Mikhail Scotti è costretto provvedere non solo a se stesso, ma anche al fratello minore. Lo aiuta Aleksej Egorov, il professore della classe storica dell’Academia russa di Belle Arti, presso il quale Scotti vive per un lungo periodo.
Scotti frequenta l’Academia russa di Belle Arti. In questo periodo realizza i suoi primi ritratti che mostrano già la sua abilità di “catturare” il carattere dei suoi modelli. Gli studi vanno abbastanza bene, ma Mikhail non riceve la medaglia d’oro e pertanto non ottiene il finanziamento per uno soggiorno in Italia. Decide quindi, di andare nella piccola città di Vyksca, dove esegue delle decorazioni per il teatro del suo ricco protettore Shepelev (mentre il fratello minore del pittore diventa un attore di questo teatro) e dipinge delle icone per la chiesa locale. Qualche anno dopo, però, il suo sogno di visitare la sua patria ancestrale si realizza. Nel 1838 la figlia di Shepelev sposata col conte Kutaisov va in Italia per rimettersi in salute e Scotti accompagna la famiglia dei Kutaisov.

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Il pittore rimane in Italia per quasi sei anni e visita tutte le città principali. Proprio lì, nella sua patria d’origine, si forma il suo stile che continua quella della tradizione italiana fondata da Karl Brjullov. Scotti dipinge i ritratti, le feste italiane e le scene della vita quotidiana. Anche le sue lettere dall’Italia, in cui parla degli eventi teatrali e dell’Opera italiana, sono piene non solo di descrizioni vivaci ma anche di illustrazioni altrettanto colorite.
Una specie di “figlio primogenito” di questo stile è il quadro L’allegoria dell’amore che, probabilmente, è anche un autoritratto di Scotti. Il pittore manda il quadro a San Pietroburgo, alla mostra accademica. L’allegoria, però, non ottiene un grande successo, anche perché non è apprezzata dall’imperatore Nikolaj.

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Il dipinto La donna italiana con una rosa in mano ha invece maggiore fortuna, testimoniata dalla stima di Karl Brjulov. Così come l’opera Tre napoletani, comprato dal principe Aleksandr Nikolaevitch.
In Italia Scotti ritrova sua cugina Maria, proveniente dal ramo moscovita degli Scotti. Dopo questo incontro non si lasceranno più per tutta la vita, legati da relazioni probabilmente non solo fraterne. L’artista non si sposerà e Maria gli vivrà accanto fino al suo ultimo giorno.
Scotti torna a San Pietroburgo all’inizio del 1844. Dopo il suo ritorno lo incaricano di decorare la chiesa Russa a Costantinopoli. Lì non solo dipinge delle icone, ma crea anche dei bellissimi acquerelli che rappresentano, in modo vivissimo, scene di vita quotidiana, ottenendo grazie ad essi il titolo di accademico.

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Nel 1848 è invitato a insegnare alla Scuola di pittura e scultura di Mosca, iniziando così un nuovo periodo artistico, in cui si rivolge alla pittura storica. Ma anche questa viene interpretata dal punto di vista umano: la Storia è vista come la storia delle persone. Non gli interessano crowd scenes impressionanti, bensì personaggi in primo piano.
In questo periodo Scotti crea anche il ciclo delle icone per la chiesa dell’Annunciazione, ottenendo così il titolo di professore nel 1855.

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Nel 1856 malato, Scotti si reca all’estero per rimettersi in salute. Il pittore torna alla sua amatissima Italia, trascorrendo un breve periodo in Spagna. E’ afflitto da un gravissimo cancro ed è costretto a sottoporsi a un’operazione a Milano. Le condizioni di salute, però, continuano purtroppo a peggiorare. Alla fine del 1860 Scotti va a Parigi, che sognava di visitare da tanto tempo. Con le ultime forze il pittore visita il Louvre per ammirare l’arte dei suoi famosi colleghi.
Mikhail Scotti muore a Parigi all’inizio di marzo del 1861. Italiano d’origine, russo di cittadinanza trova l’ultima pace nella terra di Francia.

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