Trailer for a remake of Larry Klark’s Ken Park prosegue l’avvenente trovata di Francesco Vezzoli di allestire trailer di finzione per altrettanti film inesistenti, mai girati ma ipotetici, allusivi. È con opere del genere che Vezzoli si è guadagnato la fama di artista più camp del patrimonio, non del tutto alienabile, dell’arte italiana contemporanea. Il primo esemplare di quest’ibrido tra cinema d’arte e campionatura del cinema di massa fu presentato alla Biennale veneziana nel 2005. Era un trailer per una versione immaginata del Caligola di Tinto Brass che si fingeva rifatto e rimontato – come effettivamente si poteva auspicare che avvenisse – secondo la volontà di Gore Vidal, sceneggiatore poi allontanato dal progetto iniziale di Brass del ’79.
Andate a riguardare quei cinque minuti folli con Gore Vidal in persona a introdurre e commentare la finzione del trailer, seguono in carrellata i nomi più che reali delle star coinvolte, da Ellen Mirren a Courtney Love, da Milla Jovovich a Gerard Butler, tutti a garanzie della realtà, della verità dell’operazione, fondamenta di altre fondamenta. La presenza, la loro sola presenza corporea garantisce che la finzione si radichi e sia credibile. La loro piena adesione anale al progetto è garanzia dell’illusione, ad essa vengono offerti sacrifici perché tutto sia reale, tangibile, attendibile e persino atteso. Vedere nelle prime immagini Ellen Mirren in acconciatura romana portare in giardino, sotto un cielo californiano, i membri servili di due ragazzini ispanici è una garanzia di serietà, di verosimile. Non a caso, la voce fuori campo annuncia, con stile a metà tra Il gladiatore e la Hollywood classica, che ci sono solo tre vere grandi storie nella storia umana: la prima è la nascita immacolata di Cristo. Segue, primo lampo di montaggio, lo schermo colmato da una schiera di natiche in azione, chine su tappeti di carne. Inizia così la sequenza di lampeggiamenti tipica dei trailer, la successione lineare che rappresenta in modi iperrealistici, in un registro fotografico a metà tra Spartacus e il soft porn, la visione coloratissima delle nostre fantasie romane. La più inventiva e più sontuosa delle quali prevede, a pieno schermo, la messa in opera barocca di una fellatio africana agita non su un membro nudo ma su un’erezione coperta da un fodero d’oro, una guaina, un astuccio in metalli e placche che la contiene.

Francesco Vezzoli

Illustrazione di Roberta Garzillo

Questo nostro trailer per il remake di Ken Park parte da lì. Da una ripresa tra l’operistico e il porno miliardario di quella che invece era la sessualità acerba, marginale e involuta del film di Larry Clark del 2002.
La prima storia vera della storia umana qui diventa una serie di frame che raccontano di Shawn, un quindicenne che ha una relazione con la madre della sua ragazza. L’iniziazione di lui che progredisce nel ritmo, nell’educazione e nell’impaccio con cui le procura un orgasmo per la dolcezza della sua lingua incerta, quasi casto nella tenerezza del film originale, qui diventa un agonistico adolescente a bordo vasca e non più in una stanza.
La seconda storia vera, che nel Caligula era the untimely death of Christ, qui diventa l’uscita da scuola di un giovane skater, l’incontro su una panchina, in un parco, con la sua ragazza che è incinta e il colpo di pistola alla tempia che lui si spara mentre sorride, mentre non risponde alla domanda se rimpiangesse che sua madre non avesse abortito con lui.
La terza storia vera diventa quella che nel film originale è l’episodio di Peaches, una ragazza indiano-americana sorpresa dal padre a letto con il suo ragazzo, mentre lei gli sta sopra con ancora indosso la tela ruvida della mutandina bianca che indossa. Il padre, con tutta la sua intensa religiosità americana, picchia il ragazzo e la costringe a un rito nuziale con lui.
Ai lati e intarsiati ai tre frame principali, scorrono le alterazioni ulteriori che derivano dal film fonte di Larry Clark. Come il tentativo notturno di un uomo maturo nei confronti del figlio, di alimentare e praticargli un rapporto orale nella sorpresa di un rientro a casa. O l’asfissia erotica autoindotta di un preadolescente che prova ad impiccarsi con una cravatta allo stipite della porta, nella sua stanza. Dopo l’orgasmo, intinto dalla macchina da presa come nello stile del remake Caligula, il ragazzo, in altra stanza, uccide nel sonno due vecchi che dormono insieme; dalla storia principale sappiamo che sono i nonni con cui vive. L’operazione di Vezzoli termina con due mani sull’erezione che segue il duplice omicidio.

 

Disclaimer: quest’articolo fa parte della rubrica “Recensioni immaginarie” a cura di Emanuele Canzaniello, dove si narra di opere mai viste, top secret o immaginarie, il lettore si assume tutte le responsabilità di diffondere e/o condividere l’articolo.

A proposito dell'autore

Studioso di letterature comparate è autore di prose critiche su oggetti immaginari, dalle opere d’arte pubblicate in esclusiva per Racna alle recensioni di film mai esistiti apparse su «Le Parole e le Cose» e «Nazione Indiana». Del 2017 il suo primo libro di poesia Per l'odio che vi porto edito da Oédipus. Ha tradotto alcuni lavori di Harald Weinrich.