Edimburgo Fringe Festival, quarto appuntamento con il diario/riflessione sull’esperienza del Fringe 2014, un piccolo “breviario-istruzioni per l’uso”, per compagnie, teatranti, pubblico e non solo. Senza remore di sorta, tutto da leggere e tutto per voi!

Al di là dei casi specifici, ovvero delle singole compagnie e degli spettacoli che hanno deciso di portare al Fringe, quello che è interessante capire è PERCHE’ il Fringe è ancora appealing per loro e come funziona, più o meno. Alla maniera di PIF allora mi metto a fare domande alle compagnie italiane con le quali entro in contatto, ma senza telecamera, considerando il tempo scozzese non andrebbe neppure d’accordo con tutte la pioggia che incombe anche ad agosto.

La trafila è più o meno questa. Una compagnia italiana che decide di venire a Edimburgo e partecipare al Fringe con un suo spettacolo fa una richiesta formale (application) per ottenere uno spazio in una delle venue per un determinato periodo (il festival dura per quasi tutto il mese di agosto, ma si può decidere anche di andare in scena solo per una o due settimane). In base a queste variabili c’è una fee da pagare, che va subito a incasellarsi nella lista dei costi da sostenere.

Performance di teatro site specific a Portobello beach

Performance di teatro site specific a Portobello beach

La deadline per la sottomissione delle candidature è fissata a marzo. Nel frattempo la compagnia dovrebbe darsi da fare per cercare fondi in Italia (o altrove) che permettano di coprire alcuni costi (per esempio si può provare ad accedere a quelli messi a disposizione dal Mibac – Ministero dei Beni e delle Attività Culturali). Oltre alla fee della venue, la compagnia si carica anche dei costi della trasferta (vitto, alloggio, ecc), i costi per allestire lo spettacolo (costumi, scene, attrezzatura tecnica) e il costo del personale (se retribuito, si spera!), più una base di contingency in caso sia necessario.

Royal Mile

Royal Mile

I costi di uno spettacolo teatrale sono noti, passiamo dunque ai ricavi. Ci sfreghiamo le mani, immaginando una piscina d’oro alla zio Paperone, ma il mondo dorato che ci siamo immaginati si infrange rovinosamente. Con più di 3000 spettacoli al giorno (dati tratti dal sito ufficiale del Fringee un totale di 49.497 show, la probabilità di portare pubblico in sala è abbastanza remota, perché c’è oggettivamente un’offerta troppo vasta. Non tutte, ma la maggior parte delle compagnie dunque non rientrano nei costi con lo sbigliettamento né con altri tipi di entrate.

 

Ok, vorrà dire che il Fringe non offrirà il bagno nella piscina con i gettoni d’oro, ma allora ci ricoprirà di alloro e di una gloria imperitura… ”mm… non è detto!”. I critici, programmatori, reviewer che vengono in città sono tantissimi, figurarsi che perfino il pubblico londinese abbandona Oxford Circus e abita il Royal Mile. È arduo, ma non impossibile, fare in modo che vengano a vedere il proprio spettacolo e, quando questo accade, bisogna sperare che siano clementi nell’assegnazione delle stelle che valgono in questo contesto più o meno quanto gli Oscar. Con i loro 3-4 show visti al giorno, email e sollecitazioni di ogni tipo che ricevono a ciclo continuo, recensioni che devono scrivere di notte (spesso neppure retribuiti), certamente non hanno vita facile (interessante l’articolo che Sally Stott ha scritto sul suo blog iamstott), c’è quindi da credere che neppure il loro umore sarà facile da trattare per chi sta dall’altra parte della barricata.

Sintetizzando: neanche la gloria è cosa certa!
Il punto interrogativo che si forma sulla mia testa continua a crescere, ma è necessario inquadrare a grosse linee la “questione FRINGE” e provare a delineare alcuni punti necessari ad affrontare tale esperienza.
Il FRINGE è un investimento che va ben soppesato.

Le istruzuini per l’uso da seguire almeno in linea generale sono:

  • partire con un finanziamento già in tasca, per attutire almeno parte dei costi fissi;
  • fare il massimo per riempire l’audience, ma senza entrare in depressione nel caso in cui ciò non dovesse avvenire, perché comunque si parla di piccoli numeri e quindi di piccole economie;
  • portare al Fringe uno spettacolo che abbia tali requisiti:
    • a) costo basso per limitare le uscite economiche
    • b) un legame forte con gli accadimenti e le ricorrenze dell’anno in corso (quest’anno per esempio l’anniversario dello scoppio della prima guerra mondiale)
    • c) target ben definito
    • d) tematica ben definita e che quindi sia facilmente veicolabile (alla domanda… “perché dovrei venire a vedere il tuo spettacolo?” dovrete poter dare una risposta secca e convincente).
  • E poi essere curiosi, cercare e lanciarsi, perché in fondo è un incredibile Carnevale e nessuno ha le chiavi per interpretare questo mix pazzesco e quasi letale del Fringe. Just relax and enjoy as mush as you can.

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Ah dimenticavo, se soffrite la confusione, gli spazi angusti e affollati, l’accumulo di poster e flyer e la loro continua offerta per strada, please non venite al Fringe!

A proposito dell'autore

Collaboratore

Laurea con lode in Comunicazione con una tesi sui musei d’arte contemporanea_Caso Napoli. Nel 2007 lavora a Liverpool presso il dipartimento di Marketing e Comunicazione dei National Museums. Corso di perfezionamento in Management Culturale presso la Fondazione Fitzcarraldo, Torino. Dal 2007 ad oggi ha collezionato, insieme a Componibile 62, esperienze come curatrice, project manager e organizzatrice di mostre ed eventi culturali in Italia e all’estero. Collabora con Tafter (Economia della cultura). Oltre che all’arte contemporanea, si dedica anche alla moda, CSR, e viaggi. Il Museo è il suo habitat naturale.