Secondo appuntamento di RACNA Project dedicato al reportage di un giovane fotografo, dopo quello con Alessandra Bonolis e Carmen Ferrara, incontriamo gli scatti di Guglielmo Verrienti, invitato a seguire la squadra di calcio dei Pochos, durante la loro partecipazione al Mediterranean Pride di Napoli.

Sono appena terminati i mondiali di calcio brasiliani e sarebbe interessante fare una analisi socio-linguistica dei video pubblicitari realizzati con milioni di dollari dalle varie multinazionali. Il calcio assurge a simbolo della fratellanza, della gioia di vivere, dello stare insieme, una retorica del bambino felice e solidale che fa quasi concorrenza a quella del mito della famiglia italiana che vive in un mulino promossa da una nota azienda di biscotti. Eppure dietro quell’immagine patinata sappiamo tutti che si nascondono fiumi di euro e interessi che da anni hanno reso lo “sport più bello del mondo” un sistema quasi criminale.

Forse pochi però immaginano come  anche a livello di piccole squadre locali possa essere difficile entrare “a far parte del gioco”. Lo è soprattutto, come può testimoniare chi ci ha provato, se sei gay (Gioco anch’io? No tu no!, parafrasando Janacci).
Eh sì, dopo la sbornia del calcio dei grandi campioni, delle lacrime facili per una sconfitta, dei bambini che si disperano sugli spalti, delle banane e dei buu, del lutto al braccio e del minuto di silenzio per ogni morto o tragedia di turno, torniamo nelle stradine di paese, nei campetti del refettorio, ed è un muro duro e invalicabile per chi si “marchia” dei colori della diversità. E’ contro questa discriminazione che i Pochos sono nati, per rivendicare il loro diritto ad esistere anche sui campi di calcio e a giocare, ad averne la possibilità, senza vergogna.
Lo sport come strumento di liberazione e immaginazione, di lotta e di rivendicazione. E’ una storia antica che si ripete, e che i Pochos, con oltre 25 membri, giocano tutta sul versante del no alle discriminazioni e all’omofobia!

 

 

Per il Mediterranean Pride di Napoli 2014, la squadra dei Pochos ha raccolto ancora dal calcio una metafora genuina e positiva, il prendere a calci la palla è diventato il dare un calcio all’omofobia. E’ stato divertente con Guglielmo Verrienti seguire i Pochos in giro per Napoli, e l’allegria contaggiosa del pallone ha permesso di raggiungere lo scopo. Che tu sia un bambino dei quartieri o una giovane sposa che ha appena pronunciato il fatidico sì, un passante incuriosito o un partecipante convinto alla manifestazione, l’invito e la tentazione di spingere la palla verso la rete è irresistibile, anche, e per noi soprattutto, se si tratta di dare un calcio all’omofobia.

A proposito dell'autore

Classe '85, napoletano e musicista a tempo perso studia architettura ma si interessa di fotografia più o meno da quando i "selfie" si chiamavano ancora autoscatti e le foto delle vacanze non si potevano vedere se non dopo averle portate a sviluppare. Approfondisce l'aspetto tecnico da autodidatta per poi approcciare nel 2012 al fotogiornalismo seguendo vari corsi e seminari tenuti da docenti dell'Accademia di Belle Arti di Napoli e da noti fotoreporter, nel 2013 espone il suo primo fotoprogetto sui campi rom di Scampia.