Incontri fortunati

Come spesso accade, tutto ha avuto inizio per hobby, quando frequentavo il secondo o terzo anno di liceo. Volevo semplicemente imparare a scattare belle foto. L’incontro con l’arte contemporanea, e soprattutto con il teatro, è stato la vera svolta: una semplice passione divenne così lo scopo della mia vita. Le prime esperienze lavorative, quando non avevo ancora vent’anni, sono state nel mondo del teatro e da subito ho compreso che il teatro è un mondo speciale, dal quale non mi sarei allontanato tanto facilmente. È come un’officina, in cui le arti si fondono insieme: letteratura, arti figurative, musica, danza. Fu un incontro fortunato. Il teatro di ricerca è stato, e ancora lo è, il mio principale campo di indagine.

Nero Sensibile

Per molto tempo l’oggetto della mia ricerca fotografica è stato la “scatola nera” della scena teatrale. Nella “scatola nera”, così come per la “camera oscura”, tutto deve ancora accadere; la luce svela l’evento, mentre il nero diventa “sensibile”. È il momento in cui il fotografo decide cosa registrare, ma soprattutto se registrare. In alcune occasioni credo che il ricordo di un momento possa essere più forte dell’illusione di essere riusciti a registrarlo.

Finzione e realtà

Io lavoro sempre intorno al concetto di finzione. La finzione, più del vero, può dirci molto su ciò che è reale.

Ogni cosa è illuminata

La mia produzione fotografica, tuttavia, non si è concentrata esclusivamente sul teatro. I lavori sul corpo, ad esempio, sono stati una fase di passaggio importante: ho poi sentito bisogno di riflettere sul colore, perché tutto fosse più illuminato. Solo dopo questa esperienza sono tornato a nascondere, a mettere in ombra, ma con maggiore consapevolezza. Nelle mie fotografie ciò che si intravede ha la stessa importanza di ciò che si vede.

Things are queer

Quando mi chiedono il significato della  fotografia, non rispondo con le parole, ma indico una sequenza di fotografie di Duane Michals [fotografo statunitense, noto per dare un’impronta intimista alle immagini costruite, Ndr.] dal titolo “Le cose sono ambigue”.

Il mio incontro con Cesare volge al termine. Abbiamo veduto con lui le sue fotografie, i suoi progetti passati e i lavori recenti. Il tempo è volato – in questo studio che si protende sul mare – fra racconti, aneddoti e un dono molto gradito. Ma i suoi discorsi fanno ritorno sempre all’origine, ovvero dove tutto ha avuto inizio: in teatro.

Il teatro o, più precisamente, la dimensione teatrale sarà sempre una presenza costante nei miei lavori e per il momento non riesco ad immaginare “un’altra fotografia”.

Cesare è un uomo che misura le parole. In effetti non ne servono quando riesci a scattare foto tanto belle. Fra le poche parole però, queste ultime ci stanno proprio bene.

biografia

Dalla metà degli anni settanta, Cesare Accetta (Napoli, 1954) lavora come fotografo di scena nel circuito del teatro di sperimentazione, collaborando con il Teatro Instabile di Napoli e, in seguito, con altri gruppi dell’avanguardia – soprattutto napoletana – come il Falso Movimento di Mario Martone e il Teatro dei Mutamenti di Antonio Neiwiller. Nel decennio successivo, rivolge la sua attività di fotografo di scena anche verso il cinema, collaborando nuovamente con Martone in Morte di un matematico Napoletano (1992), nel quale interpreta anche un piccolo ruolo, e L’amore molesto (1995). I primi anni novanta lo vedono come light designer teatrale nello spettacolo L’uomo, la bestia e la virtù, messo in scena da Laura Angiulli, mentre solo nel 1995 esordisce come direttore della fotografia con il film I racconti di Vittoria, diretto da Antonietta de Lillo, regista con la quale collabora poi regolarmente per le opere successive (Non è giusto, Il resto di niente). Sebbene si dedichi molto al cinema, lavorando con altri autori napoletani – come Pappi Corsicato (Chimera) e Nina di Majo (Autunno, L’inverno) – non abbandona l’attività di light designer teatrale e, in più occasioni, cura la fotografia delle riprese televisive degli spettacoli, come nel caso dello spettacolo di Licia Maglietta Delirio amoroso (2005), diretto da Silvio Soldini (wikipedia).

(Chiara Reale)

Foto di Susy Durzo

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A proposito dell'autore

Project Manager

Alla formazione scientifica (studi in Medicina Veterinaria, prima in Inghilterra e poi in Italia) unisce l'insana passione per l'arte e la letteratura. Dal 2012 collabora con la casa editrice Marchese editore, occupandosi di pubbliche relazioni, promozione e creazione di eventi culturali. Nel 2013 fonda con alcuni collaboratori il blog "About M.E.", legato all'attività della casa editrice ma fin dall'inizio aperto a tutto ciò che è cultura, con particolare attenzione a ciò che succede sul territorio campano. Ama i cappelli, Dostoevskij, e il té delle cinque.