Articolo di Ferdinando Tricarico.

La mostra dal titolo Matisse. Arabesque, in allestimento alle scuderie del Quirinale fino al 21 giugno del 2015, a cura di Ester Cohen, con le sue circa 100 opere provenienti dalle più importanti collezioni pubbliche e private del mondo, mette in luce, in un dialogo puntuale con oggetti d’arte, stampe e tessuti orientali (statuette, ceramiche turche, stoffe marocchine, kimono giapponesi, piatti cinesi…) e testimonianze di culture ed antiche civiltà (iscrizioni, sculture, pietre…), quello sviluppo del linguaggio artistico di Matisse che lo porterà dal fauvismo a una espressività originale e unica inscindibilmente legata all’arte orientale.

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Con l’esposizione universale del 1900 e la mostra di Monaco di Baviera del 1910 sull’arte musulmana, gli artisti europei più curiosi, scoprono un nuovo mondo creativo che rimanda al primitivo, al sacro, al simbolico: un’arte propriamente decorativa, senza vincoli naturalistici e geometrici, ma con una forte valenza concettuale e simbolica che continuamente evoca significati religiosi e sociali. Matisse rimane, come altri (in particolare Picasso), folgorato dalle sculture africane, dalle decorazioni cinesi, dai fiori giapponesi, dalle icone russe, dai tessuti arabi ed entra in una relazione forte (viaggi, scambi incontri) col mondo africano e orientale, dando vita a quel meticciato che porterà la sua pittura agli esiti più riconosciuti. Da quella vera e propria “rivelazione”, infatti, abbandonerà del tutto la verosimiglianza impressionistica, la regola prospettica classica o neo-codificata dalle decostruzioni formali del tempo (cubismo), per ritornare ai concetti primari di linearità, di segno, di colore, di paesaggio unico dell’anima.

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Per il maestro francese, la superficie, nella sua natura bidimensionale dove interiorità ed esteriorità sono tutt’uno, dove le nuvole sono dentro lo studio e non fuori dalla finestra, diverrà il luogo sul quale disporre colori, corpi, linee, arbitrariamente, poiché proprio nel puro accostamento figurativo si esprima il senso di un’opera. Nelle sue decorazioni esplodono i colori mediterranei (quei colori che, per lui, non vanno affatto mescolati per trovarne altri, ma semplicemente messi in nuove relazioni mantenendone la purezza assoluta), si gode la splendida ossessione per i fiori, si oggettualizza in corpi decorativi l’eros delle odalische, senza deprivarle, però, della loro potente sensualità esotica, si rendono universali le scene della vita quotidiana esaltando nel contesto dettagli minuti, si fa della natura morta la natura viva in un panteismo vitale e quasi mistico, in una concezione dell’opera d’arte come creazione spirituale. Insomma, il nostro, dà una spallata ulteriore alla concezione classica della mimesis greca e romana, per rifondare l’arte moderna come “arte di invenzione”, come “slancio del cuore”. In questo senso, davvero emblematica, è l’importante sezione della rassegna dedicata ai disegni, ai bozzetti, alle tavole e ai materiali realizzati per illustrare l’Ulisse di James Joice e i costumi per la rappresentazione teatrale de Le Chant du Rossignol, opera tratta dal libretto di Igor Stravinskij basato su una favola di Hans Christian Andersen e messa in scena dal direttore di balletti russi Sergej Diagjlev. Nel caso del romanzo, tra i più significativi della rivoluzione letteraria novecentesca, ispirandosi alla sola vicenda dell’archetipo omerico e candidamente dichiarando di non aver mai letto il testo joyciano, produsse delle splendide tavole, facendo infuriare l’irlandese nemmeno consultato per un confronto. Nel caso, invece, del Canto dell’Usignolo, si abbandonò a uno sperimentalismo psichedelico ed estremo, disegnando costumi dal fascino abbagliante ed esotico così tanto inattuali rispetto all’estetica dell’epoca da non essere affatto apprezzati dal pubblico. Apollinaire scrisse, commentando l’intera opera dell’amico caro del quale fu estimatore convinto, che “l’importanza di un artista si misura con la quantità di nuovi segni da lui introdotti nel linguaggio artistico”.

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info mostra

MATISSE. ARABESQUE
a cura di Ester Coen
5 marzo – 21 giugno 2015

Scuderie del Quirinale – Roma

Biglietti
Intero € 12,00
Ridotto € 9,50
Ridotto 7-18 anni € 6,00
Ingresso gratuito fino ai 6 anni
 

 

Disclaimer: le immagini presenti in quest’articolo sono liberamente tratte dal sito ufficiale della mostra al solo scopo di cronaca giornalistica.

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