Quinto ed ultimo appuntamento con lo speciale sull’Edimburgo Fringe Festival (leggi tutti gli articoli), Laura Galloppo ci ha accompagnato, con le sue riflessioni, alla scoperta del dietro le quinte del Festival, adesso la parola ad un’esperta Stefania Bochicchio!

Il meccanismo del Fringe, sebbene me ne sia occupata in quattro articoli, mi ha lasciato ancora parecchi punti interrogativi e allora ho deciso di confrontarmi con un esperto.
La parola a Stefania Bochicchio, produttrice di numerosi spettacoli presentati al Fringe e fondatrice a Londra di Infallible Productions.

© Edinburgh Festival Fringe Society

© Edinburgh Festival Fringe Society

Stefania, tu che conosci la macchina Fringe ti prego illuminaci sul suo funzionamento. Ti pongo quindi poche “semplici” domande, che ti avranno chiesto mille volte.

Quali sono gli spettacoli che funzionano meglio al Fringe?

Se si dovesse guardare solo la proporzione tra i generi rappresentati al Fringe, la risposta sarebbe Comedy e soprattutto stand-up, che dominano numericamente l’offerta. Lo consiglierei però solo a lingua madre anglosassoni o in casi eccezionali. Per il resto, nel caso di prosa, consiglio sempre vivamente alle compagnie internazionali di presentare il proprio spettacolo in inglese e di investire in lezioni di pronuncia, il cui scopo non sia quello di far sembrare “oxfordiani” ma che elimini problemi di comprensione da parte del pubblico che, ricordiamoci, è composto al 60% da scozzesi. Bene accolti sono anche spettacoli di danza contemporanea e teatro danza.

© Edinburgh Festival Fringe Society

© Edinburgh Festival Fringe Society

Cosa consiglieresti a una compagnia per ottenere almeno un pareggio tra le entrate e le uscite?

Noi “addetti ai lavori” lavoriamo al Fringe 11 mesi all’anno e, dietro le quinte, i preparativi per il 2015 sono già in cantiere. Consiglio vivamente alle compagnie di decidere tra gennaio e febbraio la propria partecipazione, scegliere la venue giusta per il proprio spettacolo, ricordarsi che lo slot della propria performance è di vitale importanza e cominciare immediatamente a pianificare la propria campagna pubblicitaria o affidarsi a un professionista. Bisogna creare il “caso” intorno a una rappresentazione molto prima di arrivare a Edimburgo, proprio perché il proprio spettacolo sia già nel diario di molti dei possibili spettatori, della stampa e degli operatori di settore.

Nobody’s Child

Nobody’s Child

Secondo te in sostanza perché vale la pena nel 2014 partecipare al Fringe?

Perché è il Festival delle Arti più grande al mondo, perché operatori provenienti da tutte i Paesi vi confluiscono per trovare gli spettacoli da programmare nelle prossime stagioni, perché è un’esperienza unica che fa capire nel giro di tre settimane se una compagnia, se un lavoro funzionano veramente, per incontrare confrontarsi con artisti in punti diversi della loro carriera e avere un libero scambio di idee, perché è una “realtà sospesa”, durante la quale può succedere di tutto.

© Edinburgh Festival Fringe Society

© Edinburgh Festival Fringe Society

A proposito dell'autore

Collaboratore

Laurea con lode in Comunicazione con una tesi sui musei d’arte contemporanea_Caso Napoli. Nel 2007 lavora a Liverpool presso il dipartimento di Marketing e Comunicazione dei National Museums. Corso di perfezionamento in Management Culturale presso la Fondazione Fitzcarraldo, Torino. Dal 2007 ad oggi ha collezionato, insieme a Componibile 62, esperienze come curatrice, project manager e organizzatrice di mostre ed eventi culturali in Italia e all’estero. Collabora con Tafter (Economia della cultura). Oltre che all’arte contemporanea, si dedica anche alla moda, CSR, e viaggi. Il Museo è il suo habitat naturale.