Racna Project: Carmen Ferrara, Yes she Pride

La mattina di sabato 28 giugno a Napoli fa un caldo asfissiante e afoso di quelli che fan venire voglia di starsene in casa senza far nulla con l’aria condizionata accesa – se ce l’hai – o sdraiarsi all’ombra di un ombrellone, leggendo un libro o giocando con lo smartphone. Il giorno precedente è indetto il lutto cittadino per la morte del tifoso Ciro Esposito e qua e là i manifesti attaccati sui muri ne ricordano la triste fine. Ma nonostante tutto, la città si mostra con la sua faccia di sempre, frenetica e stressante, e anche per questo, sarà una mattina di lavoro intenso per Carmen Ferrara.

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Questo 28 giugno sarà una giornata non comune per le centinaia di migliaia di persone che in diverse città d’Italia si preparano al Pride 2014. E sarà una giornata speciale per RACNA che ha deciso di dare spazio e fiducia al progetto di una giovane fotografa,  Alessandra Bonolis, studentessa dell’Accademia di Belle Arti. L’idea di Alessandra è quella di “seguire”, col suo obiettivo silenzioso, dai preparativi della mattina e fino alla partenza della sfilata del Pride, una giovane militante dell’Arcigay, Carmen Ferrara.

 

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Incontro Carmen nella sede dell’Arcigay e Arcilesbica di Napoli, in una traversina di Spaccanapoli. Benché giovanissima, ha fatto il suo primo incontro con l’associazione cinque anni fa, quando aveva 14 anni. Età in cui, mi dice, dopo aver avuto già una prima storia d’amore, sentiva il bisogno di un confronto e la necessità di trovare  appigli grazie ai quali poter affermare pienamente e senza condizionamenti la propria identità.
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Certo chi si aspetta, con pregiudizio, che il Pride sia un catalizzatore di eccessi e trasgressione non può che restare deluso. Carmen è impegnata sin dalla mattina come volontaria dell’organizzazione, indossa con orgoglio la maglietta dello staff, che rivendica come propria. Le chiedo se in qualche modo una divisa non limiti la “comunicazione” della propria personalità, soprattutto in una giornata come questa, caratterizzata dall’eccesso “espressivo” di una buona parte dei partecipanti multicolori, che con abiti e  trucco esprimono tutta la loro passione e la loro gioia e voglia di vivere. Ma Carmen, dice che la t-shirt la rappresenta pienamente, e sente, indossandola, di esprimere una parte molto importante di sé, nella maniera più naturale e personale.

 

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Andrea Esposito abbraccia Carmen Ferrara

 

Cerco di non distrarla troppo dai suoi compiti di volontaria, e mi limito a osservare la riunione organizzativa durante la quale le viene assegnato il compito, con Andrea Esposito – un altro volontario – di presidiare via Toledo, e distribuire i volantini della manifestazione.
Il compito è di quelli ardui, la strada è la più affollata del centro e la concorrenza con venditori ambulanti e promotori dei servizi più vari costringe a un surplus di energia per catturare l’attenzione dei passanti. Ma Carmen e Andrea, forse animati dalla forza e dal coraggio della loro giovane età, si attivano con entusiasmo, scegliendo bene il loro target tra la gente che passa. Le reazioni, come ci si aspetterebbe, sono le più disparata: netti rifiuti, sorrisi maliziosi, adesioni convinte. Alcuni sguardi feriscono e offendono, altri fanno sperare.

 

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Finita la distribuzione dei volantini, per Carmen c’è ancora tanto da fare: dare una mano ad allestire i carri, coordinarsi con gli organizzatori per l’accoglienza, presiedere il servizio di sicurezza. Ma non manca mai il tempo per sorridere: l’eccitazione è forte, l’attesa per l’inizio si fa sempre più adrenalinica e il continuo sopraggiungere di amici e conoscenti che si aggregano intorno alla testa del corteo, ancora immobile su Piazza Dante, è sempre più intenso.

 

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Dalle 15 in poi, con il sole alto sulla piazza la gente comincia ad aggregarsi intorno alla testa del Pride. Il lavoro organizzativo è quasi terminato e Carmen si concede sempre più alla festa. Avvolta dai colori dell’arcobaleno che riempiono lo spazio con palloncini e bandiere, con gli abiti sgargianti della gente che accorre, concede al suo look un po’ di trucco, dei baffi da pistolero messicano. E ci posso scommettere, Carmen sarebbe pronta a sparare (a salve) per rivendicare i suoi diritti.

 

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Mi racconta con orgoglio della sua famiglia di provincia. Genitori lavoratori, al momento in difficoltà, un fratellino ancora piccolo che ha bisogno delle cure di qualcuno che non lo lasci solo a casa. E’ facile immaginarla con la sua voce ferma e con le sue certezze parlare con passione ai suoi genitori, ai loro amici, lasciarli entrare e fargli conoscere un mondo “altro”, ancora poco accettato, poco “vissuto”, da una cultura che lascia fuori dalla strada principale il diverso, lo sconosciuto che troppo spesso non si guarda negli occhi. Come quei passanti che su Via Toledo si voltano infastiditi, o se ti guardano, ti guardano con commiserazione, con lo sguardo disgustato di chi non ne vuol sapere.

 

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Lo sguardo che ancora non sa incontrare quello di Carmen che sogna e lotta e rivendica i suoi diritti, essenziali, con orgoglio.
Yes she Pride!

credits

Yes She Pride

Progetto fotografico di Alessandra Bonolis

Testo di Carmine De Falco

RACNA Project

 

A proposito dell'autore

Fotoreporter

C'era una volta una bimba tutta storta, che si immergeva nei colori e aveva il dorso della mano sinistra sempre nero di grafite. Credevano fosse muta. Esprimeva solo con i colori, i fogli e i disegni tutto quello che aveva da dire. Il giorno dei suoi 14 anni ebbe in regalo una piccola fotocamera e da quel momento qualcosa cambiò. Scoprì la velocità con la quale ci si può esprimere con la fotografia: il mondo correva e lei doveva starci dietro! Uscire dalle mura casalinghe per fotografare gli eventi del mondo di fuori, fece nascere in lei un inaspettato piacere nel fare fotogiornalismo. Il liceo artistico finiva e finalmente poteva coronare il suo sogno di laurearsi all'accademia di belle arti di napoli, indirizzo fotografia, cinema e televisione. La bambina mancina continua a tenere la macchina fotografica al contrario, senza più sporcarsi il dorso della mano ma arrivando a fine giornata con una spalla e il polso indolenziti dopo ore intere con la Nikon in spalla.